Il nostro approccio per aiutarti a capire il tuo cliente e a definire la buyer persona

In questo breve contributo vorremmo provare a spiegare in termini semplici una parte dell’attività che Loading Future svolge in ambito Sales&Marketing, spesso rivolta a piccole e medie imprese dove negli anni si è sviluppato un forte know-how tecnico e dei prodotti o servizi eccellenti, ma non è mai stata definita in maniera chiara la strategia commerciale, a partire dall’identificazione dei propri clienti e dalla definizione della c.d. buyer persona.

La buyer persona racchiude tutte le caratteristiche dei nostri potenziali clienti. In aziende strutturate, è solitamente compito della divisione marketing delineare una sorta di template dove inserire per es. info demografiche, interessi, valori personali, schemi per l’acquisto piuttosto che comportamenti online. A volte è utile identificare la buyer persona con un nome ed un titolo, così da visualizzarla come una persona reale.
In questo processo entra in gioco anche chi si occupa di vendite, poichè è estremamente
importante condividere le informazioni per riuscire a:

  • Capire quali sono le caratteristiche del prodotto/servizio imprescindibili per il cliente;
  • Identificare le ragioni per cui compra o meno;
  • Identificare le ragioni per cui potrebbe decidere di interrompere il rapporto;
  • Definire le barriere che eventualmente impediscono di acquistare;
  • Comparare la propria proposta con quella della concorrenza;
  • Capire quali sono le più comuni domande/obiezioni e come possono essere gestite;
  • Ottenere il massimo dall’acquisto (più servizi, più prodotti a valore, etc.).

L’ analisi dovrà essere sia quantitativa che qualitativa, ma le decisioni finali dovranno essere inevitabilmente basate sui numeri. L’obiettivo è chiaramente quello di accompagnare i nostri clienti verso un approccio basato sui dati, per prendere decisioni informate, fondate su fatti oggettivi e non su sensazioni personali.
Il processo può sicuramente comprendere il passaggio attraverso delle ricerche di mercato, o specifiche domande rivolte ai clienti esistenti o potenziali, oltreché al nostro network di partner, fornitori etc.
Una volta definita la buyer persona, dovremmo essere in grado di sviluppare la comprensione dei bisogni del cliente e di veicolare i messaggi giusti alle persone giuste, identificando anche i potenziali perditempo per una focalizzazione dello sforzo commerciale e una massimizzazione dei risultati.
Ci teniamo a sottolineare come un processo di questo tipo possa garantire benefici che non impatteranno solo sulle vendite, ma anche sul customer service, mettendolo nelle condizioni di poter gestire al meglio le delicate fasi del post-vendita, oltre a favorire lo sviluppo di nuovi prodotti/servizi sempre allineati alle esigenze dei Clienti.

SUPPORTO NELLO SVILUPPO COMMERCIALE DI UN’ AZIENDA STRANIERA NEL MERCATO ITALIANO

L’attività di consulenza ci dà la possibilità di conoscere aziende dei settori più disparati e di scoprire delle nicchie di mercato originali e poco conosciute.

È quanto accaduto con Apus Software GmbH, storica software house austriaca presente sul mercato da oltre 30 anni. Il loro applicativo Ionio è una soluzione verticale per gestire in maniera agile i turni del personale di ospedali, attività di pubblica sicurezza e industrie.
L’azienda, già presente in Italia con una sua società, ci ha contattato per aiutarli a definire una strategia di sviluppo del mercato italiano con particolare focus sull’ambito ospedaliero, dove già disponevano di alcune significative referenze.

Abbiamo suddiviso l’attività in più fasi, prevedendo prima di tutto uno studio approfondito dell’azienda e del prodotto.
Non è stato certo semplice afferrare da subito i plus di una soluzione così particolare, tuttavia la curiosità di conoscere, che deve sempre contraddistinguere il nostro lavoro, ci ha aiutato ad identificare il posizionamento e a creare una successiva analisi e mappatura della concorrenza.


Uno degli elementi fondamentali per riuscire a valutare anche l’entità dell’investimento necessario ai fini dello sviluppo del mercato, è stato quello di quantificare il numero dei potenziali clienti: questo importante elemento viene spesso ignorato, soprattutto quando si dispone di soluzioni così verticali. Il conseguente rischio è quello che, pur disponendo di un’ottima soluzione, il mercato potenziale non sia sufficiente a ripagare l’investimento, poiché già saturo o non ancora maturo.
Un ulteriore fondamentale passaggio è stato quello di identificare il “decision maker” all’interno delle strutture dei vari clienti. Sapere chi è il nostro interlocutore decisivo per la scelta finale si è rivelato estremamente importante per affrontare l’ultima fase del nostro lavoro: quella dell’identificazione della tipologia di figura più idonea per sviluppare il mercato italiano.
Quest’ultima attività ha comportato un’attenta analisi dei costi-benefici di ciascuna possibile alternativa tra delle figure “dirette”, come un Key Account Manager, per esempio, o delle figure “indirette”, come un distributore o un agente.
Dopo avere presentato un dettagliato documento di sintesi al cliente, si è deciso di comune accordo di procedere all’attività di ricerca della figura più idonea, presto indentificata in un consulente free-lance, con pluriennale esperienza nel settore ed in grado di entrare facilmente in contatto con tutti i “decision maker” identificati in precedenza. Tale figura è stata inserita ed affiancata ad un productmanager capace di supportarlo al meglio nelle attività di pre e post-vendita, con l’obiettivo di massimizzare l’investimento per giungere a dei risultati concreti entro 6-12 mesi.

L’incarico che ci è stato assegnato è stato decisamente stimolante ed ha rappresentato una sfida vinta nell’ambito del nostro servizio dedicato allo sviluppo commerciale.

GESTIONE BILANCIATA DELL’ INNOVATION PORTFOLIO

Cos’è l’Innovation Portfolio? È un insieme di idee, di progetti e di task che devono essere gestiti e organizzati dall’azienda in maniera efficiente e controllata, al fine di ottenere i risultati sperati in termini di innovazione.

Quando si parla di progetti di Open Innovation in ambito aziendale, la strategia di azione dovrebbe prevedere la definizione di un Innovation Portfolio e di una lista di progetti e di programmi innovativi, fondamentale per potersi approcciare correttamente alle trasformazioni digitali e, successivamente, consolidarle.

Dal momento che, con l’introduzione di programmi innovativi, l’ambiente aziendale cambierà in maniera significativa, determinando l’esposizione dell’azienda ai diversi rischi insiti in tali progetti, un portfolio ben gestito e organizzato permetterà di identificare e di prevedere tali situazioni, permettendo così di agire in maniera preventiva e tempestiva.

L’ Innovation Portfolio può essere anche considerato come uno strumento di “time management”: aiuta, infatti, a valutare il tempo richiesto per avviare e portare a termine un progetto, in modo da assicurare una gestione più organizzata e continuativa. Inoltre, cosa non meno importante, permette di evidenziare le principali opportunità da sfruttare in vari ambiti, sia tecnologico sia commerciale, consentendo all’azienda di ottenere dei profitti da tutte le innovazioni, riducendo al tempo stesso i costi e i rischi complessivi. 

Per garantire una continuativa produzione di innovazione, i sistemi ISO 56002 contemplano le Innovation Operations, ossia l’insieme di processi e strumenti per garantire uno sviluppo efficiente e soprattutto strutturato. È proprio grazie alle Innovation Operations che un’azienda identifica le opportunità di innovazione più adatte, per poi inserirle in un portfolio di progetti da sviluppare.

Come si valutano tali progetti?

Nell’ambito dell’innovazione aziendale, i progetti vengono suddivisi in tre tipi:

CORE: riguarda l’ottimizzazione di progetti o di prodotti esistenti, al fine di rinnovare l’interesse nel mercato.

ADJACENT: progetti che supportano la crescita dell’azienda, espandendo il suo business anche in altri ambiti e mercati.

TRANSFORMATIONAL: sono i progetti che apportano il maggiore impatto innovativo, anche con la creazione di mercati inesistenti. Dal momento che il cambiamento che apportano influisce anche sulla “vita” delle altre aziende, i rischi di tali progetti sono molto alti, ma lo sono anche i benefici che se ne possono trarre.

Per ottenere progetti bilanciati ed efficienti, essi vengono valutati attraverso una matrice definita “Ambition Matrix” e, in essa, classificati lungo due dimensioni: how to win e where to play.

La prima dimensione valuta quanto i progetti di innovazione ambiscano allo sviluppo di nuovi prodotti oppure a sfruttare o produrne altri di già esistenti. Secondo alcuni dati statistici, i progetti Core hanno un’ambizione e una probabilità di successo dell’ 1%, quelli Adjacent del 44 %, quelli Transformational dell’ 1%.

La seconda dimensione, invece, valuta quanto i progetti di innovazione ambiscano alla creazione di nuovi mercati. In questo caso il tempo di sviluppo dei progetti Core viene stimato dai 3 ai 6 mesi, quello dei progetti Adjacent di 4 agli 8 mesi, infine per i progetti Transfomational dai 6 ai 15 mesi.

In un articolo, pubblicato da Harward Business Review, è stato messo in evidenza che il 70% delle aziende investe nei progetti Core, il 20% in quelli Adjacent e solo il 10% in quelli Transformational, proprio perché sono più rischiosi. Nonostante la giusta proporzione vari di azienda in azienda, si ipotizza che, nel lungo periodo, queste percentuali si invertiranno: 70% per progetti Transformational, 20% per quelli Adjacent e 10% per quelli Core.

Per costruire un Innovation Portfolio di successo è fondamentale bilanciare gli investimenti per tutti e 3 i tipi di progetti, ma, secondo uno studio, poche sono le aziende in grado di garantire un giusto equilibrio: viene infatti evidenziato che il 99% delle aziende che si dedica a progetti Transformational fallisce, se gestiti scorrettamente. Questo è dovuto al fatto che, i progetti che apportano il maggior impatto innovativo, richiedono skill ed elementi aggiuntivi per garantire il successo; in particolare, sono necessarie capacità di analisi e sviluppo di concetti e processi relativi ai bisogni sociali emergenti, i quali possono guidare e suggerire la nascita di nuovi business, evidenziare nuovi trend di mercato e nuove traiettorie di sviluppo tecnologico.

Ma possedere ottime conoscenze e competenze non basta, perché per sviluppare dei progetti innovativi di successo è necessario agire da più fronti, il primo dei quali è dotarsi proprio di un Innovation Portfolio bilanciato e, successivamente, gestire nella maniera più efficace i progetti da esso derivanti. Loading Future mette a disposizione delle competenze specializzate per accompagnare le aziende in questo percorso, aiutandole nella definizione di un Innovation Portfolio, nella gestione delle Innovation Operations e nell’implementazione di una roadmap di Gestione strutturata dell’Innovazione.

Il nostro punto di vista sulla gestione del talento in azienda

Qualche tempo fa ci siamo imbattuti in un interessante articolo pubblicato su Harvard Business Review, attorno al quale abbiamo intavolato una discussione all’interno del nostro Team, per riflettere su quali potrebbero essere delle soluzioni concrete.

Al giorno d’oggi, in molte realtà aziendali, si riscontrano fenomeni sempre più frequenti di dipendenti talentuosi, con ottime competenze e alti potenziali, i quali, a causa delle crescenti aspettative che l’azienda riserba nei loro confronti, perdono gradualmente la motivazione e la determinazione che erano le loro principali qualità.

Quando un talento si sente identificato come una risorsa di crescita fondamentale per l’azienda, nei confronti del quale i manager proiettano prospettive ambiziose verso un futuro da leader, egli può percepire queste proiezioni come un peso ed un urgente dovere. Il risultato è un’involuzione della sua eccellenza.

Si parla di “maledizione del talento”, che ha inizio quando l’azienda individua un dipendente talentuoso e, via via, tende ad assegnargli i compiti ed i progetti più importanti e delicati. Anche se, all’apparenza, questo può sembrare un ottimo punto di partenza verso il successo, in realtà, con l’estensione progressiva della sua area di competenza, egli difficilmente potrà garantire risultati ottimali, proprio perché gli vengono attribuiti molti progetti e mansioni difficili da gestire e da supervisionare da una persona soltanto. I livelli di performance, quindi, calano drasticamente con l’aumentare dei compiti da svolgere, comportando, di conseguenza, un sentimento di forte insoddisfazione sia da parte dell’azienda, che non vede più i risultati eccellenti sperati, sia da parte della persona in questione, che percepisce il suo talento affievolito e non valorizzato.

In particolare, nel talento e a livello inconscio, si verificano due meccanismi che minano i suoi potenziali: l’idealizzazione e l’identificazione. Dopo aver compiuto vistosi successi, non solo il suo talento viene idealizzato come fosse un “antidoto” contro il fallimento dei progetti aziendali, ma il dipendente stesso viene identificato come garante del suo successo. Questo, e il volume elevato di responsabilità assegnatigli, genera nella risorsa molta frustrazione perché non è in grado di garantire l’eccellenza né di mettere in pratica le sue qualità che fino ad allora lo avevano distinto e per le quali era apprezzato.

Quali sono gli effetti di questo circolo vizioso sull’azienda?

Questi meccanismi non sono nocivi solamente per il dipendente, ma anche per l’azienda stessa. Lo iato che intercorre tra aspettative ed effettiva realtà sviluppa senso di affanno e di intrappolamento, lesivo sia nei confronti della persona che lo vive, sia verso l’azienda.
Infatti, avendo tanta responsabilità alle spalle e molti compiti e progetti da svolgere, ai quali non può garantire l’impiego ottimale delle proprie qualità, è possibile che si arrivi alla perdita, da parte dell’azienda, di una risorsa che avrebbe assicurato un valore aggiunto di notevole importanza.
Risulta indispensabile, quindi, “rompere” questa maledizione, affinché possa esperire le proprie doti e qualità al meglio e non vedere limitata la propria performance.

Per superare questo problema l’azienda dovrebbe seguire alcuni accorgimenti fondamentali:

• Assicurarsi di creare una squadra equilibrata e ben strutturata, affinchè sia possibile lavorare in sinergia per il raggiungimento di un obiettivo comune. Il dipendente talentuoso, infatti, non può, da solo, “risolvere il gioco”, quindi l’azienda deve assicurare il coinvolgimento di tutti i membri del team.
• È importante, soprattutto da un punto di vista psicologico, che il manager garantisca il pieno supporto alla persona talentuosa: la motivazione, l’affiancamento, la difesa e la valorizzazione dell’operato di quest’ultima, nonostante continui ad agire in piena autonomia, sono fondamentali.

Dal punto di vista della persona talentuosa, essa dovrebbe:

• Comprendere i propri limiti e, quando questi vengono forzati, fermarsi e segnalarlo in tempo così da non essere oberati di progetti.
• Mettere il proprio talento al servizio degli altri membri del team, affinchè possano essere coinvolti in questo percorso di crescita e performance, dal momento che anch’essi costituiscono una risorsa importante per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato.

Andando ancora più nel concreto, esistono alcuni strumenti operativi particolarmente utili per supportare questi punti, tra i quali:

• Momenti di feedback tra la persona talentuosa ed il suo superiore, in cui poter discutere le performance e al tempo stesso rendere note eventuali difficoltà riscontrate. Questo è ancor più efficace con una dinamica di “continuous feedback”, ossia un costante scambio tra dipendente e manager riguardo le attività in svolgimento o il proprio lavoro in generale. Tale metodologia assicura una maggiore trasparenza tra il dipendente talentuoso e il suo superiore, un contatto e un’interazione costanti e, soprattutto, un miglioramento significativo della produttività, perché permette al dipendente di individuare e correggere velocemente eventuali errori.
Laddove la possibilità di dare feedback venisse estesa anche ai colleghi, risulterebbe ancor più facile delineare eventuali trend di riduzione dell’efficacia e dei risultati della persona talentuosa. In questo caso, il soggetto non dev’essere colpevolizzato, bensì vanno comprese le motivazioni e le cause di questo calo di performance e vanno ascoltate le sue esigenze, per poi agire e risolvere eventuali problemi, ristabilendo un clima di collaborazione.

• Il coaching, attraverso il quale il manager/superiore supporta e stimola costantemente il dipendente talentuoso verso il raggiungimento di uno specifico obiettivo, facendo sì che acquisisca più fiducia e responsabilità, migliorando di conseguenza la sua performance lavorativa.

Queste potrebbero essere solo alcune delle azioni utili a spezzare “la maledizione del talento”, per far sì che la risorsa mantenga un approccio orientato al miglioramento costante e si senta più sicura, valorizzata e pronta a costruire con gli altri colleghi un clima di co-evoluzione.

Human Capital Management e data driven culture

Un cambio di prospettiva: diversa non è solo la profondità dello sguardo verso la forza lavoro, ma anche l’osservatore stesso, colui che ha il polso delle dinamiche lavorative attuali e future a livello aziendale, di team e di singola persona.

Il manager, infatti, acquisisce un ruolo essenziale nella gestione strategica delle risorse umane, contribuendo a trasformarla in un elemento abilitante per la creazione di valore e per il raggiungimento di risultati sempre migliori.

E proprio laddove il fabbisogno di tecnologia potrebbe sembrare più remoto, perché si gestiscono le persone anzichè prodotti o merci, l’Information Technology si sta rivelando essenziale e imprescindibile per un vero salto di qualità della funzione Risorse Umane e dell’organizzazione. La chiave di questa svolta risiede nella possibilità di analisi dei dati e nella generazione automatica di importanti suggerimenti strategici, possibili soltanto a valle dell’implementazione di un Sistema HCM nel quale la connessione logica tra processi e dati è nativa e completa.

Considerando alcuni dati statistici, risulta che ad oggi i sistemi HCM vengono adottati soprattutto dalle grandi aziende: sono attualmente circa 500 le aziende italiane che hanno scelto di attuare una trasformazione della funzione Risorse Umane, affidandosi a sistemi validi e qualificati per la gestione di processi HCM, per lo più, soluzioni offerte da grandi software house internazionali.

Tuttavia il mercato nazionale è in continua crescita: dal 2014 al 2018 l’incremento è stato dell’ 11%, per poi salire ulteriormente dal 2019 ad oggi, spinto in primo luogo da fattori tecnologici, come la disponibilità del Cloud Computing, e dalla necessità di migliorare i processi HR per una più efficace gestione della pandemia Covid-19. Questi elementi ci portano oggi a prevedere un aumento del 20% sul biennio 2021-2022.

Per quanto riguarda le aziende sotto i 200 dipendenti e, spesso, anche quelle fino a 500 dipendenti, ad oggi l’utilizzo di soluzioni di Human Capital Management solide è davvero poco diffuso. Prevale l’adozione “orizzontale” di sistemi payroll, che da qualche hanno integrato alcune funzionalità vicine a quelle dell’HCM, ma ancora distanti da un’efficace gestione e interconnesione di questi dati e processi, dunque non in grado di sostenere questo importante cambiamento in direzione Human Capital Management.

È importante evidenziare come, anche per queste realtà, esistano soluzioni non troppo dispendiose e in grado di supportare al meglio la digitalizzazione ed evoluzione dei processi HR. In questi ultimi casi, laddove non vengono coinvolti i top player del panorama software HCM, è molto importante avvalersi della consulenza di professionisti nel settore, i quali sapranno guidare nella scelta di soluzioni solide e funzionali, oltre che bilanciate per quanto riguarda i costi.

Provando ad esaminare l’operatività e i processi dell’HCM, troviamo strumenti per la valutazione delle performance e delle skill; l’individuazione dei gap di competenze rispetto agli standard attesi per ciascuna posizione e livello di seniority; la conseguente definizione dei fabbisogni formativi da trasmettere a chi si occupa della formazione e molto altro ancora.

Sulla base di questi ed ulteriori elementi gestiti a sistema, la tecnologia abilita il calcolo automatico del “potenziale” di ogni risorsa. Si delinea allora un Piano di Carriera e di Successione per le risorse chiave o con elevato potenziale; mentre si definiscono automaticamente le “Tavole di rimpiazzo” per la sostituzione di eventuali persone in uscita sulla base delle competenze tecniche richieste per ciscun ruolo. Non solo: a partire da un ricco set di informazioni puntuali e aggiornate, anche i processi di Compensation & Rewarding possono essere gestiti in maniera strategica, favorendo la retention delle risorse e garantendo l’applicazione di criteri chiari, nonché la percezione di equità all’interno dell’Organizzazione, che ne è diretta conseguenza.

È evidente che, data la moltitudine di dati raccolti lungo i processi precedentemente menzionati, la mente umana non potrà mai incrociare ed elaborare le informazioni autonomamente: la tecnologia è decisiva in questo senso, e consente di raccogliere a pieno i risultati di un simile cambiamento. Ma non solo, essa rappresenta l’unica leva capace di far compiere un vero e proprio salto di qualità alla funzione Risorse Umane. Questa potrà finalmente liberarsi dall’operatività che ruota attorno ai micro-processi quotidiani, spesso dispendiosi e a basso valore aggiunto, che finalmente vengono automatizzati e resi più efficienti. Ciò è possibile anche grazie all’apertura di spazi di azione in modalità self-service per il dipendente (ad esempio, consentendogli di aggiornare la propria residenza, con successiva approvazione dell’HR) e per i manager, i quali potranno utilizzare il sistema per dare immediato avvio ad una nuova ricerca e selezione indicando tutti gli elementi del profilo ricercato, valutando così performance e competenze del personale.

Solo così il dipartimento di Gestione Risorse Umane potrà divenire un vero e proprio orchestratore e punto di riferimento per la strategia aziendale e per la gestione dei dati HR a livello di organizzazione, di unità di business o di singola persona. Informazioni sempre aggiornate in tempo reale, sintesi di grandi quantità di dati complessi. Finalmente, la funzione HR sarà in grado di rispondere prontamente alle richieste della direzione, di anticipare i tempi e, spesso, di evitare accadimenti spiacevoli come la fuoriuscita di talenti e risorse chiave.

È questa la rivoluzione tecnologica delle Risorse Umane, nonché declinazione HR dell’Industry 4.0: tecnologie capaci di osservare, sintetizzare, prevedere e pianificare le dinamiche del lavoro all’interno di una azienda. Uno step obbligato se l’obiettivo della Direzione Risorse Umane è quello di concentrarsi finalmente sulle persone, assieme ai manager, rendendo l’Organizzazione un luogo in cui ogni dipendente è motivato a lavorare e che è capace di attrarre sempre di più nuovi talenti.

Le norme ISO 56000 per la Gestione dell’Innovazione

Il tema dell’innovazione è certamente tra i più gettonati quando si parla di “cultura aziendale”: oggi le imprese che hanno intenzione di competere a livello globale necessitano di saper innovare seguendo degli schemi definiti e non affidandosi all’improvvisazione. Per questo motivo sono state pubblicate, da parte dell’ International Organization for Standardization, le norme ISO 56000, dedicate alla Gestione dell’Innovazione. Esse rappresentano non solo un riferimento solido per la progettazione e l’implementazione di Sistemi finalizzati all’aspetto gestionale, ma sono anche la “cassetta degli attrezzi” necessaria per integrare processi di sviluppo in maniera accuratamente controllata, al fine di ridurre i rischi ed affrontare i cambiamenti che possono verificarsi.

Molto spesso accade che tali processi innovativi non vengano applicati in maniera efficiente, con la conseguente perdita di opportunità a causa di una scarsa tempestività ed organizzazione, finendo per non produrre alcun tipo di beneficio all’azienda. È per questo che l’innovazione dovrebbe essere intesa come una vera e propria cultura – la “cultura dell’innovazione”– da strutturare e da gestire con l’aiuto di figure altamente competenti e capaci di portare metodologie validate ed efficaci.

In cosa consistono le norme ISO 56000?

Il corpus ISO 56000 comprende i seguenti standard:

  • ISO 56000: 2020 «Innovation management» – Fundamentals and vocabulary»
  • ISO 56002: 2019 «Innovation management – Innovation management system – Guidance»
  • ISO 56003: 2019 «Innovation management – Tools and methods for innovation partnership – Guidance»
  • ISO/TR 56005: 2020 «Innovation management assessment – Guidance»
  • ISO 56005: 2020 «Innovation management – Tools and methods for intellectual property management –Guidance».

Sono inoltre in fase di sviluppo:

  • ISO/DIS 56006 «Innovation management – Strategic intelligence management – Guidance»
  • ISO/AWI 56007 «Innovation management – Idea management»
  • ISO/AWI 56008 «Innovation management – Tools and methods for innovation operation measurements –Guidance»

Ma cosa significa ottenere una certificazione ISO 56000 e quali sono i benefici per un’azienda?

I benefici che si possono trarre dopo il conseguimento della certificazione ISO 56000, da parte di un ente certificatore, sono molteplici e molto significativi.

In primo luogo, vi è la riconoscibilità delle attività che si svolgono in materia di Gestione dell’Innovazione, con la possibilità di certificare il proprio Sistema e di differenziarsi oggettivamente sulla base di queste competenze.  

È inoltre una leva estremamente utile per accrescere la propria reputazione verso i clienti e verso i talenti: sono ancora in pochi a lavorare in questo senso, muoversi in anticipo è importante.

Guardando ad un orizzonte di due anni, va poi considerato che la certificazione sarà un criterio decisivo per l’accesso privilegiato ad opportunità di business lungo la filiera, nonchè a finanziamenti pubblici.

I benefici più diretti, invece, hanno a che fare con l’efficientamento interno nella gestione di tutte le iniziative rivolte all’innovazione, grazie all’adozione di best practice; la pianificazione e la gestione del suo budget; la valutazione, selezione e gestione dei partner coinvolti in un’ottica di Open Innovation; l’apprendimento continuo.

Loading Future possiede le competenze e le necessarie certificazioni per portare metodo nella Gestione dei processi di Innovazione, Ricerca e Sviluppo nelle aziende e prepararle all’ottenimento della certificazione ISO 56000.

L’importanza di sviluppare una strategia commerciale

Durante le numerose presentazioni dei servizi di Loading Future ci viene spesso chiesto di identificare meglio cosa intendiamo per sviluppo della strategia commerciale.

Partiamo dal significato della parola strategia. Consultando il dizionario si legge testualmente: “Branca dell’arte militare che regola e coordina le varie operazioni belliche in vista dello scopo finale della guerra: s. terrestre, navale, aeronautica; alta s.; in senso più ampio, l’arte o la scienza che ha per scopo l’utilizzazione del potenziale bellico di un paese nel modo più efficace e produttivo ai fini della vittoria; in senso figurato è il ricorso motivato e ragionato a mezzi idonei al raggiungimento di uno scopo”.

È quest’ultima definizione quella che ci interessa: in azienda, la strategia commerciale consiste nell’utilizzare i mezzi a disposizione per raggiungere gli obiettivi di vendita che spesso sono estremamente ambiziosi. Tuttavia, per soddisfare questi propositi, non è sufficiente, come spesso si crede, investire in nuovi sistemi; a sostegno di ciò una recente indagine sull’utilizzo della tecnologia CRM, effettuata da Bain & Company, dimostra che il 62% delle 167 aziende intervistate si è lamentata dell’utilizzo della tecnologia CRM (Customer Relationship Management), considerando il ritorno sull’investimento (ROI) inferiore alle aspettative. Inoltre, l’indagine ha rilevato che, in molti di questi casi, è mancata proprio una visione strategica, per la quale risulta necessario basarsi su numeri e dati, al fine di prendere decisioni ottimali e, soprattutto, di adottare degli “schemi di gioco”.

Se il mondo degli sport, in particolar modo quelli di squadra, utilizza l’analisi dei numeri in modo sempre più massiccio, così anche il mondo delle vendite deve prevedere come affrontare le diverse situazioni con le azioni più idonee.

Per creare un vero e proprio “manuale” (playbook) ad uso e consumo del dipartimento commerciale, vendite e marketing devono lavorare in maniera sincronica e, con cadenza regolare, analizzare minuziosamente e dettagliatamente i numeri e i dati raccolti; inoltre, se possibile, un passaggio importante sarebbe anche testare gli “schemi di gioco” con un numero non elevato di clienti e, una volta accertata la loro validità, spingerli all’utilizzo massivo.

L’impiego di un tale sistema permette di non basarsi solo ed esclusivamente su ipotesi e congetture astratte, poiché garantisce una guida dettagliata su quali azioni e quali comportamenti adottare nelle diverse situazioni.

Un recente articolo, uscito su HBR, cita numerosi casi di aziende, operanti soprattutto in ambito B2B, nelle quali l’utilizzo di un set di azioni predefinite, stabilite in base alla tipologia di cliente o prospect, non solo dà maggiori possibilità di creare o concretizzare nuove opportunità, ma soprattutto consente ai clienti di focalizzare l’attenzione sui propri bisogni, fornendo le giuste informazioni nel giusto momento.

Questi studi dimostrano, quindi, che possedere una strategia aziendale rappresenta un elemento cruciale per il successo del business dell’azienda e che definire un piano d’azione permette di raggiungere gli obiettivi prefissati in maniera meno rischiosa, dal momento che si possiedono già le “armi” per affrontare le diverse situazioni o imprevisti. Un obiettivo, questo, che Loading Future cerca di perseguire e di attuare nelle aziende, accompagnandole nell’implementazione di sistemi e di processi innovativi finalizzati al raggiungimento della propria mission aziendale.

L’arte in azienda

Arte e azienda: due parole che compendiano due mondi totalmente divergenti, l’uno costituito da creatività, sensazioni, passioni, storie, l’altro invece più razionale ed empirico, quasi asettico. Due dimensioni all’apparenza inconciliabili, ma che in realtà possono costituire un connubio perfetto se presenti all’interno di un’azienda.

Loading Future crede nel valore dell’arte in azienda e nei benefici che essa apporta. Inserire un’opera d’arte, a volte anche una vera e propria collezione, all’interno del mondo degli affari, rappresenta una marcia in più nel processo di definizione dell’identità aziendale. Questo alza di molto il livello dell’azienda e le percezioni che i clienti hanno a riguardo, perché dimostra un interesse particolare verso la bellezza, la creatività e il benessere dell’individuo.

L’arte infatti rappresenta uno dei più importanti medium comunicativi, grazie alla quale si possono trasmettere in modo chiaro i valori, gli obiettivi e il carattere dell’azienda stessa, costituendo una risorsa importantissima per la sua competitività e per la sua distinzione.

Non solo…Un’opera d’arte non rappresenta soltanto una mera decorazione in un ufficio, ma anche uno stimolo di riflessione per il dipendente e per il team.

L’arte è per tutti e di tutti, è democratica: non esiste un’interpretazione giusta o sbagliata nell’osservazione dell’opera, ma c’è semplicemente il soggetto che guarda, che si lascia ispirare, cerca significati anche intrinseci in essa e per questo dà voce alla propria creatività.

In particolare uno studio dell’Università di Exter ha constatato che i dipendenti che possono scegliere il design dei loro spazi risultano più felici e più produttivi per il 32% rispetto ad altri lavoratori. A questo proposito, Viking ha svolto un sondaggio in diversi Paesi europei, dal quale è emerso che, in Italia, il 90% degli intervistati ritiene fondamentale inserire un’opera d’arte nelle aziende; una percentuale, questa, che risulta la più alta tra i Paesi inseriti nel sondaggio, proprio perchè l’Italia vanta una tradizione artistica di notevole importanza, tale per cui i benefici dell’arte sono riconosciuti maggiormente dai lavoratori italiani, rispetto a quelli di altri Paesi. A conferma di ciò l’83% dei dipendenti ritiene che l’arte riduca lo stress sul luogo di lavoro, il 79% che aumenti il livello di felicità e serenità, infine l’81% che stimoli la creatività e la produttività, influendo positivamente sulla performance lavorativa.

A livello europeo la situazione si complica, perchè molte aziende incontrano diverse difficoltà nell’abbracciare questa rivoluzione artistica e nell’ investire su di essa: secondo il 37% degli intervistati l’arte non viene giustamente considerata, mentre il 48,6% dichiara che i motivi alla base siano di carattere prettamente economico. Questa reticenza è evidente soprattutto nelle piccole aziende con meno di 50 dipendenti, ma non ne sono esenti nemmeno le grandi aziende (con più di 250 dipendenti), infatti una su 4 non dispone di opere d’arte.

Tra tutti i Paesi intervistati, l’Italia si configura al primo posto come percentuale di presenza di opere d’arte negli uffici, infatti solo il 24,8% dichiara di non possederne alcuna nel proprio luogo di lavoro. Mentre, tra le percentuali più alte, troviamo l’Austria, con ben il 43% dei lavoratori che afferma di non avere nessuna espressione artistica sul lavoro.

Le aziende italiane, quindi, sembrano aver colto maggiormente l’importanza di un’opera d’arte sul luogo di lavoro e i benefici che essa può apportare. Infatti, in un mondo dominato dalla frenesia, dalla velocità e dallo stress, con moltissime attività da svolgere in breve tempo e con la mente sempre attiva e produttiva, si sente chiara l’esigenza di un aiuto e di un momento di relax. E proprio osservando un’opera d’arte, la sua maestosità e immedesimandosi nei suoi dettagli e nel suo mondo, può rappresentare quella pausa in cui fermarsi e riflettere tranquillamente, ritrovando il proprio io interiore.

Arte quindi come φαρμακός (“pharmacos” ossia come “antidoto”) nella vita lavorativa  perché aumenta la concentrazione del team e aumenta il benessere psico-fisico di ciascun individuo, regalandogli un momento di pausa e di contemplazione tra le mille attività da svolgere.

Un importante insegnamento ci viene fornito dalla filosofia tedesca dell’ ‘800, in particolare dal filosofo Schopenhauer, il quale, nella sua visione pessimistica, descrive la vita come un pendolo che oscilla tra due estremità: il dolore e la noia, dove la prima condizione al giorno d’oggi potrebbe essere individuata nello stress a cui ogni individuo è sottoposto quotidianamente in ambito lavorativo. Ma, tra questi momenti di sconforto, il pendolo attraversa degli istanti di felicità, di pieno apprezzamento della vita e, secondo il filosofo, l’arte è proprio ciò che contribuisce alla piena contemplazione della realtà circostante e al superamento di tale dolore, poiché “sottrae l’uomo alla dipendenza delle sue volizioni e dai suoi bisogni, permettendogli di entrare in contatto con se stesso”.

A nostro modo di vedere, l’arte non è solo un espediente meramente estetico, ma è uno strumento prezioso che deve essere amato e contemplato per la sua forza evocativa e deve farsi portavoce di un vero e proprio progetto culturale nelle aziende.

CRM, Customer Relationship Management – l’esperienza Eyes Europe

Nata da un’idea brillante e frutto di una trentennale esperienza nel settore della produzione di macchinari ed impianti industriali, la società Eyes Europe è di fatto una start-up, la quale ha ritenuto fondamentale gestire da principio il proprio business in maniera strutturata, con dei processi chiari che regolano le relazioni coi clienti.

La scelta di dotarsi da subito di un sistema CRM, significa voler essere pronti ad affrontare il mercato ed impostare immediatamente le basi per un percorso di crescita graduale e sostenibile.

Siamo stati contattati qualche mese fa per effettuare una prima analisi dei bisogni del cliente. In seguito abbiamo operato una selezione delle soluzioni che meglio si adattavano alle esigenze e priorità dell’azienda, attività che abbiamo svolto assieme al fondatore, assicurandoci di trovare il giusto compromesso tra il budget previsto e le funzionalità richieste.

Quando si parla di CRM non dobbiamo pensare solo ed esclusivamente alle vendite: riteniamo che tutti i dipartimenti di un’azienda possano beneficiarne dal suo utilizzo.

In questo progetto, Loading Future non ha pensato solamente alla tecnologia, bensì ha curato anche la parte di configurazione e guidato la definizione di una strategia che potesse semplificare il lavoro di tutti.

La prima necessità, quando si pensa ad investire in un sistema CRM, è sicuramente quella di far risiedere le molteplici informazioni sui clienti in un unico posto facilmente accessibile a tutti, con un rischio minimo di perdere dati. Da qui la scelta del Cloud e soprattutto dell’usabilità anche da mobile.

Per poter analizzare in modo approfondito le vendite ed avere una visione chiara del futuro è poi necessario che il sistema fornisca in tempo reale dati e proiezioni (forecast): questo è stato un altro degli elementi essenziali che Eyes Europe ha voluto nel suo sistema.

Infine, un’altra condizione imprescindibile è stata l’adozione di un sistema scalabile, con la possibilità di una sua implementazione nel momento di crescita dell’azienda e dei suoi fatturati.

L’impegno di Loading Future non si è pertanto esaurito in una semplice software selection, ma continua con l’affiancamento del cliente in questa delicata fase di partenza che già prevede, tra l’altro, anche la necessità di integrare ulteriori software con la piattaforma CRM scelta.

“La flessibilità di Loading Future unita alla loro competenza, frutto della conoscenza di diversi sistemi, ci sta guidando nel modo giusto. Riceviamo il supporto che ci serve e speriamo vivamente di poter crescere insieme”, afferma Gianandrea del Fabro, amministratore di Eyes Europe.

Innovazione e Brand Identity: il tema della fiducia

La Brand Identity (o identità di marca) è uno dei concetti chiave del marketing contemporaneo: definisce l’insieme delle caratteristiche che compongono la cosiddetta immagine aziendale, ovvero tutto ciò che rende immediatamente riconoscibile e unica la nostra azienda a tutti gli stakeholder.

Si tratta di elementi cruciali, da una parte legati alla percezione visiva del Brand (logo, immagini, ecc.), dall’altra a rappresentazioni più emotive, psicologiche, valoriali, o a concetti-chiave con i quali vogliamo imporci sul mercato.

Tanto più la Brand Identity sarà chiara, definita, condivisa da tutti i portatori di interessi (clienti, dipendenti, fornitori, comunità locale, ecc.), tanto più facilmente le caratteristiche della nostra azienda saranno riconoscibili, uniche ed efficaci nel raccontare la nostra identità.

Cosa lega, quindi, la Brand Identity con il grande tema dell’Innovazione aziendale?

La fiducia.

Innovare è prima di tutto una scommessa.

Rappresentare sé stessi in uno scenario futuro d’evoluzione, proiettare la propria organizzazione in un contesto positivo e di raggiungimento di obiettivi ambiziosi è una sfida, un’incognita da svelare e superare.

Il percorso è articolato: va gestito con intelligenza, preparazione, consapevolezza e strumenti tecnici d’avanguardia, affidandosi ai partner giusti, ma rimane comunque una strada impervia, un processo culturale che va seguito giorno per giorno.

Uno degli ingredienti più importanti di questo cammino è proprio la fiducia: in particolare, il legame che si crea fra tutti gli attori coinvolti nell’impresa, la convergenza di idee, di intenzioni, la chiara rappresentazione di un obiettivo comune e la condivisione di traguardi. Inoltre c’è la fiducia del mercato, che impone una rappresentazione chiara della propria vision e mission aziendale, oltre che di un sistema identitario che si differenzi rispetto alle altre realtà concorrenti.

La fiducia, oggi, può fare la differenza fra un percorso di successo e una scommessa persa. E questo, in particolare, nelle aziende che vogliono intraprendere dei percorsi di Open Innovation, dove i processi di innovazione superano i confini organizzativi per coinvolgere partner e istituti esterni, tali per cui risulta fondamentale sviluppare una fiducia nei confronti dell’azienda, al fine di garantire progetti unici e innovativi. In questi processi, il Brand stesso ha il compito di comunicare gli obiettivi e i valori dell’azienda sia all’interno, sia all’esterno di essa, rivestendo un ruolo di primo piano nella sua differenziazione, nel rafforzamento della Brand Reputation e nella sua credibilità.

Per questo motivo, il potere narrativo della Brand Identity, la capacità di saper rappresentare la propria azienda in termini di immagini e di valori è l’arma più potente, oggi, per costruire e saldare questo legame, trasformare la fiducia in credibilità e autorevolezza.

Noi di Loading Future incoraggiamo i nostri clienti e partner a investire sulla narrazione, a immergersi con entusiasmo nello studio e definizione della loro identità, della loro unicità.

Organizziamo percorsi collettivi di Brand Building, laboratori interattivi che coinvolgono tutti i settori della filiera produttiva e che restituiscono una valida rappresentazione della Brand Identity, indispensabile per affrontare con le armi più efficaci la grande scommessa dell’innovazione.