Uno degli obiettivi che Loading Future si propone di perseguire è l’innovazione nelle aziende, fornendo un supporto costante nell’evoluzione tecnologica e digitale e ideando dei business innovativi e di successo.
L’apporto di un team con delle skill eterogenee e punti di vista diversi, ma allo stesso tempo convergenti, è un elemento fondamentale per la qualità delle nostre offerte.
Un team che possiede solamente determinate competenze tecniche, in sè molto specialistiche, rischia di essere “miope” riguardo ad alcuni aspetti, ad esempio quelli umanistici, che nei processi di innovazione sono importantissimi, se non fondamentali.
Innovazione e studi umanistici potrebbero sembrare in netta antitesi tra di loro, invece noi siamo certi che il loro connubio permetta di ottenere dei risultati di qualità molto più alta, perché il sapere tecnico si mescola al sapere antropologico e culturale producendo risultati inaspettati e, appunto, innovativi.
Una nuova risorsa e una nuova prospettiva per interpretare il futuro
Proprio in risposta a questa nostra intuizione ed esigenza, abbiamo accolto nel nostro team Jenny. Appassionata sin da piccola della letteratura italiana, con particolare ammirazione verso la poesia e la prosa otto/novecentesca, dopo le scuole medie ha proseguito gli studi al Liceo Classico per poi proseguire con gli studi umanistici in ambito universitario presso la facoltà di Lettere moderne all’Università degli Studi di Udine.
Grazie alle sue conoscenze storiche, filosofiche, artistiche e letterarie, nel nostro team ricopre il ruolo di Research & Content Specialist, occupandosi di ricerche sui trend globali; dell’analisi di fenomeni e processi evolutivi impattanti sui mercati, sul business e sulle aziende; di proporre idee innovative e creare dei contenuti di qualità.
La cultura classica non si pone in contrasto con i temi di innovazione ed evoluzione tecnica e tecnologica odierna, bensì può rappresentare un serbatoio di conoscenza da cui attingere per la nostra idea di innovazione.
Ecco il perché della necessità di un team eterogeneo: per utilizzare un termine greco, πολύτεχνος(“polytekhnos” derivante da “polys” che significa “molto” e “techne” che significa “arte, conoscenza”), il quale ci rimanda al connubio perfetto tra il sapere tecnico-scientifico e quello umanistico.
Il punto di vista di Jenny e di Loading Future
Nonostante sia diffusa la convinzione che lo studio dei classici e dell’antichità non possano giovare nei processi di innovazione, in realtà avere solide conoscenze umanistiche può rappresentare un valore aggiunto da non sottovalutare. La cultura classica non può essere sussunta in un semplice studio linguistico del Greco e del Latino, perché essa offre un patrimonio culturale ben più ampio e di importanza indiscutibile. In Grecia si è sviluppata la democrazia, sempre in Grecia a partire dal verso “Cantami, oh diva, del Pelide Achille” è sorta la letteratura mondiale, a Roma è nato il Diritto romano che ha lasciato innumerevoli tracce sino ad oggi…e questi sono solo alcuni spunti per comprendere quanto attuali siano in realtà gli studi classici.
A questo proposito Antonio Gramsci in un passo delle “Lettere dal carcere” scrive che il Greco e il Latino “si imparano per conoscere la civiltà dei due popoli, la cui vita si pone alla base della cultura mondiale”; non è quindi un sapere “morto” e dimenticato, anzi dovrebbe essere patrimonio di tutti. Studiare un testo antico, analizzarlo nei suoi aspetti sintattici e morfologici, può sembrare un lavoro inutile e noioso, in realtà insegna ad essere pazienti, precisi e soprattutto a sviluppare un pensiero critico, importante anche nell’analisi delle vicende attuali.
Per innovare non si può prescindere da una riflessione storica e filosofica sul passato, infatti lo stesso Cicerone affermava che “non conoscere ciò che è accaduto prima di noi, ci fa rimanere degli eterni bambini”.
Un altro aspetto interessante, già evidenziato dallo scienziato Lucio Russo nel libro “Perché la cultura classica”, è che il patrimonio immenso tramandatoci dagli antichi non riguarda soltanto la Filosofia e la Letteratura, ma anche altre scienze, come l’Astronomia e la Cosmologia.
Un sapere, quindi, che si configura come un incontro tra diverse discipline e che anche noi, come gli antichi greci e latini, ci proponiamo di introdurre nei nostri progetti innovativi e improntati sul futuro.
I rischi di un’ eccessiva specializzazione e gli insegnamenti che ne derivano
L’importanza di essere poliedrici, di avere prospettive e visioni diverse è fondamentale al giorno d’oggi, perché rappresenta un antidoto contro l’eccessiva specializzazione in ambito lavorativo. Questo approccio sicuramente favorisce un rapido inserimento della risorsa, consentendole di restituire subito un grande valore, sebbene limitato ad una micro-area operativa. Esso tuttavia non può determinare un successo a lungo termine: molti aspetti importanti per un’azienda vengono tralasciati, comportando un rallentamento nell’evoluzione aziendale, un più debole spirito critico, una maggiore demotivazione e una grossa difficoltà in uno scenario di rotazione delle mansioni dei dipendenti.
Nonostante negli ultimi anni si sia diffuso un importante trend finalizzato alla valorizzazione del singolo individuo, come importante risorsa per l’evoluzione di un’azienda, è evidente che un dipendente, il quale ha una visione di un limitato set di processi della sua area, non può portare spunti e idee innovative volte al miglioramento.
Quindi, per tornare all’importanza della tradizione classica ed agli insegnamenti che essa ci trasmette, e per contestare un’eccessiva specializzazione, riportiamo il pensiero di un filosofo classico come Wilamowitz, il quale considerava indispensabile “la conoscenza del mondo greco in tutti i suoi aspetti, letterari, filosofici, politici e scientifici, non tanto come disciplina in sé, ma piuttosto come punto di partenza verso le diverse discipline».
Una visione poliedrica, un team politecnico ed una conoscenza più vasta possibile è ciò che attualmente si richiede in un’azienda e noi, proprio a partire da un solido sostrato culturale, ci proponiamo di introdurre questi piccoli accorgimenti e consigli, che ci accompagneranno in tutti i nostri progetti.
Raffaello Sanzio, Scuola di Atene, 1509-1511, Musei Vaticani (dettaglio).
La “Scuola di Atene” rappresenta uno dei quadri più famosi di Raffaello, nel quale vengono raffigurati i più importanti filosofi dell’antichità, tra i quali Platone, Aristotele, Eraclito, Pitagora e molti altri. Abbiamo scelto di focalizzarci su questo dettaglio perchè sembra rappresentare proprio quello che Loading Future si propone di essere: un connubio di persone, di competenze e di prospettive diversificate che, tuttavia, hanno lo sguardo rivolto e indirizzato verso un unico obiettivo, l’innovazione.
Quale momento storico stiamo vivendo? Cosa sta accadendo attorno a noi? Cos’è la modernità e come sta cambiando le nostre vite? E la tecnologia in tutto ciò ci sta davvero aiutando o ci sta ostacolando?
Sono anche queste le domande attorno alle quali un Innovation Manager ha il dovere di fare ricerca, per un’ osservazione non superficiale e per poter aggiungere “valore” al mero processo di innovazione, garantendo risultati di lungo periodo per le aziende clienti, per i loro stakeholder e per la società in generale.
Loading Future mette a disposizione delle aziende figure e competenze certificate nell’ambito Innovation Management, ma non intende certo fermarsi alle nozioni tecniche e ai precetti dell’Industria 4.0, con l’esecuzione di procedure e l’introduzione di tecnologie. Tale paradigma sta guidando un’evoluzione industriale che potrà esser definita “utile” soltanto se vista come un passaggio intermedio. Si tratta infatti di uno schema già superato dal più visionario ed evoluto modello della Society 5.0, termine apparso per la prima volta nel 2016 in un documento della Keidanren (Japan Business Federation) con il quale viene posto un obiettivo ancor più virtuoso e completo, quello di una trasformazione ed evoluzione “intelligente”, che abbracci la società favorendo uno sviluppo non solo economico e tecnologico, ma anche sociale. Una corsa al progresso ha senso solo se è volta ad agevolare e migliorare la vita dell’uomo, inteso come singolo e come umanità più in generale.
Di conseguenza, un Innovation Manager “pensante” non può prescindere dall’abbracciare una prospettiva di lungo periodo e nemmeno dall’adottare uno spirito critico rispetto alle diverse opportunità di evoluzione o di innovazione, rendendole funzionali al benessere dell’individuo e della società.
Quello che ci proponiamo di fare ogni giorno, nell’ambito dell’Open Innovation e nella Gestione Strutturata dell’Innovazione in azienda, è anche sviluppare una riflessione critica sulle dinamiche implicite ad ogni innovazione, gestire le molteplici sfaccettature di un processo, garantire una prospettiva più alta ed estesa, al fine di “partorire” delle idee e dei business davvero vincenti e duraturi, in quanto sostenibili su tutti i piani.
La ricerca e la passione che ci accompagnano quotidianamente nel nostro lavoro vanno oltre l’ approccio meramente tecnico; anzi, è proprio in un ambito più totalizzante, ma spesso non pienamente considerato, come nel caso della filosofia, che spesso troviamo ispirazioni e suggerimenti per poter fare davvero un buon lavoro.
Uno spunto particolarmente interessante, viene dal filosofo tedesco Hartmut Rosa e dal concetto di “social acceleration”.
Social acceleration nell’era della post-modernità
Hartmut Rosa, uno dei maggiori esponenti della filosofia tedesca contemporanea, ha cercato di inquadrare le categorie di “accelerazione” e “innovazione” in chiave filosofica, al fine di studiare le loro caratteristiche e l’impatto sulle sfere del vivere civile. Analizzando le dinamiche di ogni giorno, il ritmo di vita di ciascun individuo e le sue percezioni riguardo la realtà che lo circonda, egli ha elaborato una teoria filosofica secondo la quale la società occidentale contemporanea è segnata da processi di accelerazione tecnologica e sociale, generati proprio dalla modernizzazione e dalla digitalizzazione, che stanno rivoluzionando ogni aspetto della nostra vita.
Ogni giorno cresce sotto i nostri occhi il numero delle nuove soluzioni fruibili e capaci di aumentare la rapidità con cui possiamo assolvere determinati compiti e attività nel quotidiano. In parallelo cresce esponenzialmente anche la potenza delle soluzioni tecnologiche esistenti, ovvero il possibile impatto di ciascuna di esse. Si parla infatti di “tecnologie esponenziali” a cui corrisponde, anche sul piano sociale, un tema di “accelerazione”. Ma prendiamo un esempio a noi più lontano, così da capire ancor meglio quanto calzante sia il concetto introdotto dal filosofo. Osservando il processo di comunicazione dal passato ad oggi, ad esempio, notiamo come la tele-trasmissione, a differenza di altri medium del passato, come un corriere medievale che spostandosi a cavallo trasportava e consegnava una lettera, ha reso possibile l’ubiquità ed una comunicazione estremamente rapida con persone anche molto distanti tra loro.
Analogamente, potremmo pensare ai meeting virtuali, che hanno introdotto enormi vantaggi consentendoci di risparmiare spostamenti costosi e incredibilmente impegnativi, ma che dall’altra parte creano nei nostri interlocutori l’illusione di poter moltiplicare e usufruire all’infinito del tempo a disposizione e la nostra presenza su molteplici tavoli, finendo così per richiederci ancor più tempo, rispetto a quando non si disponeva di simili strumenti.
Ma questa “ubiquità”, la moltiplicazione degli input che possiamo inviare in un unico momento, delle attività che possiamo fare e delle persone che possiamo raggiungere è davvero un elemento positivo per ciascuno di noi?
Non è detto che lo sia. L’essenza della modernità, su formulazione di Hartmut, consiste proprio nell’“idea che gli individui dovrebbero avere il diritto e l’opportunità di trovare un modo di vivere che autenticamente corrisponda ai loro desideri, aspirazioni e capacità”.
La contrazione del presente e la sua perdita di valore
Questa accelerazione, comporta quella che altri due filosofi, Hermann Lubbe e Reinhart Koselleck, definiscono come “contrazione del presente”: tutti noi, cercando di ottimizzare i tempi con l’aiuto della tecnologia e svolgendo sempre più attività nel minor tempo possibile, non riusciamo a cogliere l’attimo presente, a vivere a pieno ciò che accade sotto i nostri sensi, poiché questi ultimi sono offuscati dai desideri o dalla necessità di “spingersi oltre” e “fare di più”, anche in funzione del maggior volume di richieste prodotte dalle persone che ci circondano, a loro volta dotate di migliori mezzi. Il presente, inteso come unico momento di stabilità e di equilibrio tra le nostre aspirazioni e il nostro agire effettivo, perde di valore, rispetto al continuo desiderio di stare al passo con i tempi, o addirittura di velocizzarsi. Ma affinchè vi sia una vera e propria stabilità, è necessario che ciò che esperiamo e ciò che possiamo aspettarci o sperare nel tempo co-appartengano ad uno stesso piano ontologico.
Ma il tema posto dai due filosofi non si limita alla stabilità, equilibrio e senso di appagamento della persona. Possiamo riflettere su ulteriori conseguenze derivanti dalla mancata percezione dell’ “hic et nunc”: il futuro non può essere previsto in maniera attendibile e il passato, fondamentale patrimonio culturale per trarre degli insegnamenti, non viene più consultato. Per questo motivo il filosofo definisce l’accelerazione sociale come “un aumento nel tasso-di-decadenza dell’affidabilità reciprocamente di esperienze ed aspettative e, parimenti, dalla contrazione degli archi di tempo definibili come “presente””. E in tutto ciò anche la filosofia ne risente, perché la contrazione e l’accelerazione compromettono non solo l’appropriazione dei contenuti, ma anche la loro comprensione, per la quale sono richiesti determinati tempi.
Socialacceleration da un punto di vista antropologico
E allora questa accelerazione sociale e tecnologica cosa produce nell’uomo? Certamente produce un senso di smarrimento e di insicurezza, dato che viene meno il principio oraziano del “carpe diem” e diviene difficile cercare di afferrare ed interiorizzare tutto quello che la nostra cultura e la tecnica in continua evoluzione producono e ci offrono, dato che dopo un attimo è già superato. Si verifica quindi un progressivo tasso di obsolescenza dei prodotti e delle scoperte, in quanto in breve tempo perderanno di valore, essendo sostituiti da altre invenzioni che andranno a sostituirsi. Si fanno tante esperienze singole, ma si perde la concezione di un’esperienza durevole e di qualità, capace di lasciare un segno nella nostra vita.
La relazione annichilente del tempo rispetto allo spazio
Un’altra area tematica analizzata dal filosofo Hartmut Rosa riguarda il rapporto fra spazio e tempo. Quello che si verifica, infatti, è un vero e proprio sovvertimento della concezione di “spazio” rispetto al “tempo”, finendo per sopravvalutare il secondo elemento a detrimento del primo. Precedentemente la priorità antropologica era riservata allo “spazio”, infatti l’infante imparava prima di tutto le nozioni di “destra-sinistra” e a orientarsi nello spazio grazie al proprio corpo, mentre la concezione del “prima” e del “dopo” solo in un secondo momento. Ora questa priorità è stata sostituita da un “annichilimento dello spazio attraverso il tempo, causato dai processi temporali dell’accelerazione” ed è proprio solo il fattore temporale quello che viene preso in considerazione per determinare il successo o il fallimento di un determinato progetto. Questa rivoluzione tecnologica ha determinato positivamente una velocità crescente delle comunicazioni e delle trasmissioni, ma ha comportato quello che Rosa definisce come “frenetic standstill”, ossia un’immobilità totalmente nuova degli esseri umani rispetto a uno spostamento continuo del mondo verso loro stessi. Non solo perde sempre più d’importanza il principium individuationis, quindi l’importanza della presenza e della fisicità dell’uomo, a favore di una “tele-presenza” resa possibile dalla tecnica, ma si verifica anche una sclerotizzazione della creatività e della riproducibilità in ambito culturale, per cui non c’è più tempo per riflettere sul presente e per produrre contenuti validi e di successo.
I tre tipi di accelerazione e le loro implicazioni
Analizzando e studiando il fenomeno dell’accelerazione, il filosofo Hartmut Rosa ha distinto tre tipi di accelerazione:
L’accelerazione tecnico-tecnologica
L’accelerazione del cambiamento sociale
L’accelerazione del ritmo di vita
Per quanto riguarda l’accelerazione tecnico-tecnologica, essa si caratterizza soprattutto per il suo essere intenzionale, per essere misurata più facilmente delle altre e per generare un aumento della velocità media nei vari processi.
L’accelerazione sociale invece considera non solo i cambiamenti all’interno della società stessa, ma anche i fattori che determinano una compressione di questi cambiamenti, verificatisi in un arco di tempo sempre minore. A questi cambiamenti si affianca, come conseguenza, l’ossessione dell’individuo di adattarsi continuamente, al fine di essere sempre up-to-date, e il desiderio di stare sempre al passo con le innovazioni, anche se questo viene spesso percepito come un tentativo insufficiente.
Infine, per quanto riguarda l’accelerazione del ritmo di vita degli individui, essa viene definita come “un aumento del numero delle azioni e/o delle esperienze in un singolo lasso di tempo dovuto alla scarsità delle risorse temporali”; tutto ciò comporta una sensazione fenomenologica di “carenza di tempo”, infatti le persone, nonostante le innovazioni tecnologiche, si sentono lo stesso oberate di lavoro da svolgere. E per quale motivo le promesse di riscatto del cosiddetto “tempo libero” vengono disattese da queste innovazioni? Perché la mancanza di tempo diventa una patologia?
Rosa per motivare questa involuzione paradossale analizza il rapporto tra il tasso di accelerazione delle società e quello di “produzione” e di “crescita”; egli constata che la linea della “crescita” eccede quella dell’accelerazione tecnologica, per cui si avranno sempre più compiti da svolgere in breve tempo, rispetto al passato, dove gli stessi lavori richiedevano più giorni.
È evidente che sviluppare nuove tecnologie che promettono di facilitare il lavoro e di svolgerlo in poco tempo, comporta la produzione di un numero sempre maggiore di richieste e task da gestire, i quali vanno a saturare quel tempo che era destinato ad essere liberato dalle medesime tecnologie. Il risultato è una continua “condensazione dei lavori”, un aumento crescente dei compiti da svolgere in breve tempo, senza che si possa ricavare quel tempo libero tanto sperato. Si crea così un circolo vizioso in cui le persone, sentendosi sempre più oberate di compiti da svolgere e con la percezione di non avere mai tempo a sufficienza, richiedono una maggiore velocizzazione dei vari processi e una nuova ondata di technical acceleration, al fine di liberare il tempo e diminuire il carico di lavoro.
Le tre accelerazioni analizzate finiscono così per auto-alimentarsi, rischiando di determinare una crescita del distacco dell’uomo dalla percezione con la realtà.
Ma se gli uomini cominciano a nutrire insicurezza nei confronti dei loro valori, se la tecnologia li spinge ad isolarsi dalla società, se il mondo comincia ad essere per loro freddo, vuoto e distante, allora tutto ciò conduce a una forma di alienazione da sé stessi e dal loro lavoro. Nietzsche, filosofo tedesco vissuto nell’ultima metà del XIX secolo, avrebbe definito questo fenomeno come ‘’la morte di Dio’’, intesa non in senso religioso, ma in senso metaforico, ossia come crollo di tutti i valori e principi cardine che hanno sempre accompagnato ogni uomo. E la soluzione che lui proponeva per superare il nichilismo imminente, e che sembra valida anche al giorno d’oggi, era di fermarsi, riflettere su ciò che stava accadendo, imparare dal passato e poi agire, dandosi dei nuovi valori e cercando di non commettere gli stessi errori.
Per concludere…
L’ innovazione certamente è positiva, ma lo è se tiene in considerazione il passato, il presente, e tutte le implicazioni che questi cambiamenti possono comportare a livello sociologico. Essa non può prescindere da queste riflessioni, altrimenti si rischierebbe di commettere continui errori ed essere fagocitati da dinamiche alienanti.
Ed ecco perché crediamo che proprio gli Innovation Manager, oggi ufficialmente incaricati di traghettare le aziende verso una digitalizzazione ed un efficientamento continuo, assolvano ad un compito arduo e tutt’altro che banale. E la filosofia, spesso discriminata per la sua apparente indeterminatezza, è a nostro avviso uno strumento apprezzabile e complementare, poiché si occupa di studiare le cause di un fenomeno e riflettere su ciò che accade da un punto di vista più alto ed esteso, aiutandoci ad essere degli “innovatori-pensanti”.
Umberto Boccioni, La città che sale, 1910-1911, Museum of Modern art New York
Considerata la prima opera futurista del pittore, attraverso pennellate “filamentose” e utilizzando colori molto accesi, che attirano subito l’attenzione, il pittore ha rappresentato il sorgere di una nuova città, simbolo del progresso costante. In basso e in primo piano si notano alcuni uomini che sono gli artefici di questo sviluppo e ne viene esaltato lo sforzo lavorativo, infatti anch’essi sembrano travolti dalla “fiumana del progresso”. L’uomo infatti, un tempo come oggi, non può sottrarsi alla velocità e al cambiamento immanente, proprio perché la vita e l’universo non conoscono l’ordine e la quiete. Il mutamento della realtà e l’innovazione tecnologica sono quindi dei fondamenti della vita, ma questi non devono mai eclissare la figura dell’uomo e il suo benessere nel mondo.
Cinque sono i fattori determinanti per la crescita di una start-up:
Un’ idea
Un buon Team
Un modello di business
Opportuni finanziamenti
Un buon tempismo
Alla base di MyNet sono presenti tutti questi elementi, ma uno tra questi, in particolare, emerge: il perfetto tempismo. L’essere al passo con i tempi, il capire come la società e i trend stiano cambiando e il saper tradurre nella pratica queste conoscenze, sono ciò che favorisce il successo di questa azienda. Un perfetto tempismo rispetto al concetto di Società 5.0, introdotto dal governo giapponese nel 2016 e che si è diffuso fino a noi. Sta infatti iniziando una nuova rivoluzione industriale e sociale, la quinta appunto, che si basa sulla cooperazione uomo-macchina, in cui la tecnologia non è più utilizzata solamente per migliorare la produzione di un’azienda, ma viene impiegata soprattutto per aiutare e agevolare i dipendenti. L’obiettivo è quindi la creazione di una Super Smart Society, in cui la tecnologia riveste un ruolo fondamentale nel miglioramento del well-being della persona. Possiamo definirla una rivoluzione antropocentrica, un nuovo Umanesimo, inteso come movimento che pone il singolo individuo al centro di ogni processo per esaltarne il suo potenziale e prestando attenzione alle sue esigenze.
Rappresentazione dell’evoluzione della società e dell’industria dalla preistoria ad oggi. Nell’antichità l’uomo si avvaleva di strumenti rudimentali per la sussistenza; tuttavia, nelle fasi centrali, lo sviluppo industriale e tecnologico ha spesso minato la centralità dell’uomo; oggi è tornato ad essere nuovamente protagonista e non è più sovrastato dalle tecnologie, poiché ora esse mirano al miglioramento del suo benessere.
Business Innovation e Social Corporate Responsability
E una realtà che si basa sulla Human Centricity è proprio ciò che ha spinto l’azienda MyNet alla creazione dell’App MyNet, disponibile a tutte le aziende, che desiderano intraprendere un percorso di Business Innovation, e non solo…
L’azienda MyNet è diventata dal 2020 una Società Benefit, a supporto delle Onlus e delle organizzazioni no profit italiane: a loro viene offerta la possibilità di utilizzare la piattaforma gratuitamente, al fine di digitalizzare queste realtà favorendo una più rapida circolazione delle informazioni e rispondendo alle loro necessità specifiche. Inoltre, attraverso lo specifico modulo “Progetti aziendali”, si possono gestire dei progetti benefici in cui tutto il personale aziendale è coinvolto con la possibilità di dedicare al progetto delle ore di lavoro, che saranno poi trasformate in denaro per la realizzazione di tali iniziative. Questi progetti favoriscono l’inclusione e la coesione tra i dipendenti, facendoli sentire parte di un obiettivo comune, ma rientrano anche in una logica di Social Corporate Responsability, la cui promozione è tra i più fondamentali obiettivi di MyNet.
Inclusione, coinvolgimento, partecipazione
L’App MyNet si compone di 15 moduli (ad esempio i moduli “bacheca”, “chat”, “cartellino” ecc.) e, grazie a questi, garantisce una gestione veloce e in tempo reale di documenti, informazioni, novità, questionari e molto altro, tra il personale e i vertici aziendali. Questo assicura a ogni dipendente di avere un portale molto intuitivo e personalizzato, che può essere consultato in qualsiasi momento per controllare eventuali annunci o addirittura per prenotare, attraverso uno specifico modulo, sale riunioni, attrezzi, ore di lezione e tutto ciò che la sua azienda può offrire. Tutto il personale è quindi incluso e coinvolto nei processi dell’azienda, evitando che si verifichino casi di mancata ricezione di alcune informazioni; tutti sono partecipi e tutti sono ascoltati. Tramite il modulo “sondaggi”, è proprio l’utente ad esporre le proprie esigenze o preferenze, così facendo l’azienda avrà dei suggerimenti per incrementare il welfare aziendale e creare un ambiente sano e ottimale per il team.
L’importanza del fattore umano: il consulente MyNet
Un altro aspetto molto importante che MyNet cura con particolare attenzione è quello dell’assistenza tecnica costante da parte di un Team di consulenti specializzati, i quali sono sempre disponibili a supportare le aziende e i singoli utenti sia nel momento di installazione dell’app, sia durante il suo utilizzo. Ad ogni cliente sarà assegnato un Consulente MyNet dedicato che, attraverso tutorial, corsi di formazione e documenti, supporterà l’azienda nell’utilizzo della piattaforma e rimarrà sempre al suo fianco per soddisfare qualsiasi necessità. La figura del Consulente MyNet è decisiva anche per fornire un supporto ad alto valore aggiunto ai Manager e ownerdei processi gestiti sulla piattaforma stessa: egli è in grado di supportarli al meglio nell’utilizzo di questa tecnologia e nell’adozione di tutti gli accorgimenti o “tricks” che potranno garantire il successo del tool. Ed ecco, di nuovo, il ruolo centrale della persona nell’offerta MyNet. Non troverete nessun assistente vocale ad accogliervi, solo persone fidate e reali. È importante innovare e automatizzare i processi di un’azienda, ma lo è ancor di più saper fermare la corsa alla digitalizzazione su quegli aspetti davvero centrali dove le persone sono imprescindibili e assumono un ruolo centrale.
Opera surrealista “Decalcomania” di Renè Magritte (1966). Simboleggia la centralità dell’uomo e la possibilità del suo intelletto di superare i limiti che si frappongono nel suo percorso verso una piena realizzazione dei suoi obiettivi.
Società 5.0 e Human Centricity come tappe necessarie del percorso
Dunque lo si può affermare con certezza: la soluzione offerta da MyNet è totalmente in linea con i principi propugnati dai processi di Società 5.0 e Human Centricity che si stanno diffondendo sempre di più. Essa rappresenta solo l’inizio di questo percorso verso un futuro di maggiore inclusività e maggiore attenzione ai bisogni del singolo individuo, tuttavia il suo successo indica che questa è la retta via da percorrere. Nonostante la transizione verso queste concezioni sia ancora in una fase embrionale, le aziende stanno pian piano capendo che per crescere è necessario porre al centro il dipendente, il suo benessere e la comunicazione veloce e trasparente ( per questo tema, si rimanda al seguente approfondimento pubblicato sul sito dell’azienda MyNet: https://appmynet.it/comunicazione-interna-aziendale-strumenti/ ).
Il processo è tutto in fieri, ma MyNet e tutto il personale sono pronti a percorrere questo percorso con grande entusiasmo e interesse e ad accogliere tutte le aziende che desidereranno appoggiare questa filosofia, al fine di non concepire più queste innovazioni come un’utopia, ma come una realtà, quella di oggi e di domani.