Il Ritorno dell’Investimento di un Progetto HCM

La scorsa settimana abbiamo partecipato insieme ai nostri partner Talentia ed EY ad un evento chiamato “Innovazione e cambiamento culturale per la crescita del business”. Il nostro intervento aveva come tema centrale Il Ritorno dell’Investimento in un Progetto Human Capital Management, qui di seguito ve ne forniamo un breve sintesi.

Perché devo investire in un sistema HCM? Questa è la tipica domanda che ci viene rivolta dai nostri clienti. 

A noi piace rispondere per punti:

  • Utilizzo di una strategia HR basata sui dati con possibilità di forecasting e di assumere il controllo in anticipo. La funzione HR assume una nuova e maggiore rilevanza strategica.
  • Si attua una valutazione oggettiva delle risorse in tutta l’azienda con impatto diretto sulla motivazione e la retention.
  • Tutti i processi sono interconnessi e fanno si che ogni informazione inserita dall’HR, dal manager o dal dipendente sia immediatamente disponibile e sfruttata dagli altri moduli. 
  • Avviene un coinvolgimento attivo di manager e dipendenti che velocizza le operazioni e riduce sensibilmente il carico di lavoro per il dipartimento risorse umane.
  • Si crea un miglioramento immediato dell’equità retributiva, che si baserà su criteri chiari e condivisi, oltre al confronto con benchmark ufficiali di range salariali attesi per ogni posizione.
  • Si crea Retention & Employer Branding contribuendo alla fidelizzazione e all’attrazione dei migliori talenti.

L’utilizzo di processi e sistemi di Human Capital Management rappresenta soprattutto un’opportunità per l’evoluzione della funzione HR che da semplice “amministratore” diventa invece centrale nella guida del business e dell’organizzazione.

Questo aspetto è particolarmente evidente durante la selezione del personale, dove l’importanza di uncorretto processo si fonda sul fatto che qualsiasi lavoro, per essere eseguito con risultati soddisfacenti per entrambe le parti in causa (azienda e candidato), richiede il possesso nella persona di un insieme di qualità, competenze, caratteristiche, interessi e aspirazioni che devono allinearsi con quelle del gruppo aziendale.

Per citare qualche numero, l’85% dei responsabili HR ha commesso almeno una volta nel corso della propria esperienza professionale dei significativi errori in fase di Selezione (Recruitment and Employment Confederation, 2017) e stando a uno studio condotto da Job Seeker Nation nel 2018, quasi il 30% dei candidati lascia il lavoro nei primi 3 mesi. 

Una delle cause principali è la mancata corrispondenza tra aspettative e lavoro che erano chiamati a svolgere quotidianamente: le risorse abbandonano il proprio lavoro perchè non sono in linea con la cultura aziendale o perchè hanno vissuto dei momenti piuttosto spiacevoli nel contesto lavorativo.

Tutto questi si traduce in costi:

  • costo del tempo che si è perso sommando quello dedicato alla ricerca della persona, i giorni trascorsi da quando quest’ultima è stata inserita; il tempo dedicato alla ricerca del sostituto quando finalmente il candidato sbagliato esce dall’azienda;
  • costo della retribuzione del dipendente che è un multiplo dello stipendio che lui ha percepito (costi vivi ed amministrativi derivanti dall’assunzione e dalla cessazione del rapporto di lavoro); l’eventuale buonuscita se si è dovuto trovare un accordo per chiudere il rapporto e, nel peggiore dei casi, i costi dell’eventuale contenzioso;
  • costo del processo di selezione per la società che ha selezionato il candidato oppure dei canali utilizzati per ricercare la risorsa;
  • costo derivante dal disagio e dalla possibile demotivazione del team che ha visto inserire una persona non adatta a ricoprire il ruolo;
  • costi derivanti dal lasciare una posizione vacante, causa ritardi nell’avvio di attività e progetti: ciò non permette di gestire i team di lavoro in modo ottimale ed impatta sull’organizzazione aziendale;
  •  costi di reputazione aziendale.

Qual è una delle possibili soluzioni per diminuire notevolemente il rischio di dover sopportare certi costi? L’utilizzo di un sistema HCM, che favorisca il confronto tra le Risorse Umane ed i Manager basato su: un Job Catalogue condiviso con delle Skill chiare, riferite a ciascuna di queste posizioni; un sistema di valutazione delle competenze che dovrà alimentare tavole di rimpiazzo; piani di successione che permettono di prevedere ed essere pronti a gestire queste dinamiche; 

Tutto questo favorisce poi la comunicazione tra Risorse Umane e Manager tramite processi di sistema che si appoggiano ad elementi chiari, accelerando i tempi e riducendo il rischio di fraintendimenti. 

Grazie all’utilizzo di un sistema HCM si riuscirà ad agire in modo equo e tempestivo anche per prevenire il fenomeno delle dimissioni. 

Per quanto riguarda il contesto italiano, negli ultimi 12 mesi, per il 69% delle organizzazioni è aumentato il tasso di turnover con un impatto diretto sui margini di profitto e di spesa; la produttività e la coesione aziendale. 

Il 52% delle dimissioni volontarie, secondo un’indagine Gallup, sarebbe evitabile. 

In definitiva le persone lasciano il proprio lavoro per problemi risolvibili identificabili in:

  • cattivo rapporto con i colleghi;
  • sensazione di abbandono e di non essere osservati (nel bene e nel male), con inascoltate richieste di flessibilità e autonomia e percezione di iniquità nella valutazione e nelle relative ricompense;
  • scarse opportunità di crescita ed evoluzione offerte dall’azienda, assenza di un piano di sviluppo;
  • scarso investimento nella formazione;
  • cattivo manager (troppo esigente e severo nella valutazione rispetto ad altri, o con eccessivi carichi di lavoro e scarsa empatia verso i bisogni dei collaboratori)
  • difficoltà generali di comunicazione e interazione con il Manager e le Risorse Umane.

Mettere in atto azioni preventive è molto più economico rispetto alle conseguenze economiche che si hanno dalla non-azione.

Ad esempio, il ritardo nella formazione e sviluppo di nuovi leader frena in maniera diretta lo sviluppo del business aziendale.

Poche funzioni delle risorse umane hanno inoltre un “programma di identificazione del cattivo manager”, con conseguente possibilità di creare un danno enorme, fino al 25% del costo del personale, che può perdurare per anni senza azioni correttive.

Rimandare il riconoscimento di premi o aumenti di stipendio meritati in realtà non porterà a risparmiare denaro poiché quell’inazione avrà un impatto negativo sulla produttività e sulla fidelizzazione.

Avere processi interni di movimento, trasferimento e promozione ingombranti può frustrare i dipendenti di alto livello ed aumentare il turnover: se non possono salire nella tua organizzazione, probabilmente lo faranno in un’altra.

La lentezza o l’inazione consentirà ai concorrenti di fare uno sprint e ottenere il vantaggio del first mover in importanti aree di talento come il brand, l’innovazione, il reclutamento e la fidelizzazione.

Ci piace ricordare poi che la digitalizzazione può essere un volano formidabile di crescita per le aziende: una ricerca di Ricoh-Censuswide su 1.000 imprese europee, ha mostrato come non intraprendere un percorso di innovazione digitale significhi una perdita media di fatturato di 13 milioni di euro, e una diminuzione delle entrate del 18%.

Consultative Selling

Negli ultimi mesi ci siamo trovati ad effettuare degli interventi nell’ambito dello sviluppo commerciale presso alcuni clienti ed abbiamo quasi sempre riscontrato che avere un buon prodotto od offrire un buon servizio non è più l’unico elemento che consente di distinguersi sul mercato.

È necessario spingersi oltre, utilizzando schemi ed ispirandosi a modelli che prevedono un approccio consulenziale alla vendita.

Si parla per la prima volta di consultative selling nel 1970 nel libro di Mark Hanan Consultative Selling: The Hanan Formula for High-Margin Sales at high levels”, dove questo metodo di vendita viene definito come un processo composto da alcuni step necessari per riuscire a creare un rapporto di fiducia con il potenziale cliente, e portarlo spontaneamente all’acquisto.

È di fondamentale importanza che la forza vendita sia in grado di focalizzarsi sulle sue esigenze dello specifico cliente uscendo da quella fastidiosa dinamica detta anche del “disco vendita”, dove il focus è sempre stato sul volere esaltare le caratteristiche del prodotto o servizio offerto e dove spesso il prezzo rappresenta un elemento chiave.

Nella vendita consulenziale, a nostro avviso, è necessario definire alcuni semplici passaggi che faranno poi parte “degli schemi di gioco” che la nostra forza vendita dovrà adottare. 

Proviamo brevemente a riassumere alcuni dei nostri suggerimenti in merito:

  • Facciamo i compiti:

Raccogliamo quante più informazioni possibili sui nostri potenziali clienti, utilizzando i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione o preparandoci un set di domande (possibilmente aperte) che ci consentano di conoscere il più possibile le loro esigenze. 

Un bel riepilogo per dimostrare di avere ascoltato in modo attivo è sempre gradito al cliente, ed utile a noi per essere certi che non ci sia sfuggito nulla.

  • Raccontiamo chi siamo e dimostriamo che siamo degli esperti della materia:

Utilizziamo delle referenze, se possibile, oppure raccontiamo in modo dettagliato e coinvolgente come abbiamo affrontato delle situazioni simili presso altri clienti.

  • Parliamo di soluzioni:

Una volta che ci è ben chiaro cosa serve al cliente, parliamo di soluzioni focalizzandoci sui punti specifici che rappresentano un problema per il cliente.

  • Non dimentichiamoci il follow up:

Non si tratta di mettere fretta ed essere pressanti ma di avere quantomeno un riscontro in tempi predefiniti alla nostra proposta, che potrà così essere migliorata o integrata se necessario.

La chiave del successo sta sempre nel non perdere mai di vista il focus sul cliente, che deve sempre restare centrale nel nostro processo. Solo così saremmo in grado di instaurare una relazione win-win, dove il cliente si sentirà supportato per avere risolto i suoi problemi ed il venditore-consulente si sarà guadagnato la fiducia necessaria ad instaurare una relazione di lungo periodo.

Essere supportati da un buon sistema CRM è sicuramente un plus che riesce a migliorare notevolmente un approccio consulenziale alla vendita, anche grazie ad automazioni che permettono di gestire al meglio il processo sopradescritto.

I “mismanagement cost” nella Gestione delle Risorse Umane

Calcolare i costi derivanti da una gestione dei processi aziendali non ottimale o non adeguata è di per sé arduo. Ciò nonostante, le aziende, in una continua ricerca di maggiore efficienza, hanno iniziato a svolgere questo esercizio con sempre maggior frequenza, concentrandosi prima di tutto sui processi “core”, ovvero quelli essenziali per la produzione diretta di profitto.

Al contrario, rimane meno frequente l’osservazione e la volontà di gestire in maniera concreta ed efficace le fonti di extra costi in ambiti apparentemente secondari per il business, dove troviamo volumi di spesa altrettanto rilevanti. Sono piuttosto frequenti i casi di realtà aziendali dove, ad esempio, le spese legali sono particolarmente elevate, o si registrano costi molto alti nella Gestione del Personale.

Entrambi questi due ambiti soffrono storicamente di una non giustificata trascuratezza dal punto di vista dell’analisi, del controllo e dell’efficientamento attraverso opportuni investimenti tecnologici. Il mancato investimento in Information Technology a supporto di queste funzioni “a staff”, implica che si avranno dei processi non adeguatamente tracciati, con la conseguenza che non sarà possibile raccoglierne i dati e prendere consapevolezza delle rispettive aree critiche di costo, le quali spesso raccolgono inefficienza da tutta l’Organizzazione.

L’ambito della Gestione Risorse Umane, inteso sempre più spesso come un’attività trasversale a tutta l’Organizzazione, offre senza dubbio un contributo estremamente rilevante nella costruzione del macro-aggregato dei “costi aziendali”. Una parte di questi costi è necessaria per lo svolgimento delle attività d’impresa, ma una rilevante fetta è ancora frutto di una gestione non ottimale, estesa a tutta l’Organizzazione.

Proprio per questo motivo, nell’area HR troviamo un grande spazio di il miglioramento in termini di efficienza.

Quanti e quali costi…

Le statistiche basate sul 2021 mostrano come il costo del lavoro in Italia sia tra i più elevati in Europa, arrivando a rappresentare fino al 70% della spesa aziendale complessiva. Esso include la retribuzione mensile del dipendente, le imposte e i contributi a carico del datore di lavoro, ma anche gli ulteriori costi accessori per tutte le attività connesse al lavoro.

Reclutamento

Tra questi costi accessori troviamo voci di spesa relative al reclutamento che, a causa di difficoltà nella pianificazione, spesso viene condotto in modalità “urgente”, con l’inevitabile ricorso a costosi servizi di headhunting. Ci sono poi le spese per il “mancato servizio” della funzione HR al business aziendale, come quelle derivanti proprio dall’incapacità di sostituire risorse che hanno improvvisamente abbandonato l’azienda, con conseguenze talvolta gravissime, come il blocco temporaneo di intere aree di business.

Tutto questo potrebbe essere facilmente risolto con la tecnologia, dove la mappatura e valutazione delle competenze associate ad ogni posizione prevista nel catalogo aziendale, favorirebbe l’automatica creazione di tavole di rimpiazzo e di successione. In questo modo, l’azienda potrebbe monitorare la presenza di risorse interne in grado di subentrare in ciascuna delle posizioni aziendali, e la relativa vicinanza ad una copertura ottimale di tale posizione (c.d. “readyness”) da parte delle altre risorse interne, sempre in base alle competenze.

Troviamo anche il costo derivante da investimenti in inserimento e formazione di nuove risorse assunte le quali, poco dopo, scelgono di lasciare l’azienda a causa di errori ed incomprensioni a monte, come quelle derivanti da un processo di recruiting e onboarding non ottimale o da aspettative confuse circa le skill richieste per il ruolo.

Questi costi potrebbero essere abbattuti grazie ad uno sforzo congiunto da parte del manager e dell’HR nella definizione del job catalogue aziendale e delle skill associate a ciascuna posizione. Ecco che allora l’avvio del processo di selezione potrebbe essere semplificato e trasparente, grazie alla possibilità per il manager di richiedere in modalità self-service figure e competenze chiare a partire da un catalogo precedentemente definito e sufficiente a determinare almeno il 90% dei requisiti della selezione.

Si consideri poi che, dagli errori maturati nella fase di selezione, scaturiranno ulteriori significativi mismanagement costs, come i costi amministrativi “diretti” dei processi di assunzione e licenziamento, piuttosto che i costi “indiretti” derivanti dalla reputazione aziendale.

Misperformance

L’assenza di obiettivi chiari, di momenti “ufficiali” di valutazione della performance del dipendente e di una formazione manageriale sul processo di valutazione è alla base di molti equivoci e di spiacevoli conseguenze nella Gestione delle Risorse Umane.

La scarsa chiarezza dei propri obiettivi e di quelli comuni al team o all’azienda, conduce tipicamente a una riduzione delle performance del dipendente e all’assenza di proattività in virtù di una crescente demotivazione. In diversi casi, questa si traduce in una disaffezione verso l’azienda e in una visione distorta delle dinamiche HR interne (ad esempio, una scarsa oggettività nel riconoscimento del merito di colleghi, ai quali potrebbero esser stati riconosciuti dei premi o scatti di carriera).

La conseguenza diretta sarà l’uscita spontanea della risorsa o, in molti casi, quella gestita da parte del Dipartimento HR. In quest’ultimo caso, tipicamente, non si avranno solo i costi amministrativi più tradizionali, ma anche la necessità di gestire i contenziosi derivanti dal licenziamento, con possibili spese legali da sostenere.

Inoltre, il turnover derivante anche da questa dinamica, lederà il clima aziendale così come la reputazione aziendale e la capacità di attrarre nuovi talenti.

“On-time” Talent Management

Purtroppo non basta gestire il talento in maniera efficace, calibrata e sempre controllata da un team HR munito di solidi modelli e strumenti, poiché bisogna anche saperlo fare “per tempo”!

I dati raccolti da indagini svolte su questo tema, dimostrano come il ritardo nella formazione e sviluppo di nuovi leader vada a frenare in maniera diretta lo sviluppo del business aziendale. Allo stesso modo, il fatto di rimandare il riconoscimento di premi o aumenti di stipendio meritati dal dipendente non porterà affatto al risparmio di denaro aziendale, poiché tale inazione avrà un impatto negativo sulla produttività del dipendente e sul suo engagement.

Dotarsi di processi interni di movimento, trasferimento e promozione «ingombranti» può frustrare i dipendenti di alto livello ed aumentarne il turnover: se non possono salire in quell’Organizzazione, probabilmente lo faranno in un’altra.

Conseguenze altrettanto pericolose si avranno laddove questi luoghi tempi di reazione vengono applicati a figure inadeguate o addirittura nocive per l’azienda ed il team. Solo poche funzioni Risorse Umane hanno un “programma di identificazione del cattivo manager”: ne consegue la possibilità di creare un danno enorme,  calcolato fino al 25% del costo del personale. Questa uscita economica può perdurare per anni se non subentrano azioni correttive.

Tutte queste voci di costo devono essere prese in seria considerazione nel valutare costi e benefici dell’introduzione di soluzioni tecnologiche a supporto dell’intera Organizzazione nella Gestione delle Risorse Umane.