Stiamo per entrare nel quarto trimestre dell’anno e presto le aziende penseranno agli obiettivi per l’anno nuovo. Di norma le aziende definiscono gli obiettivi in termini di fatturato, di utile e/o di margine di contribuzione o di quote di mercato e molte volte passa in secondo piano la situazione delle risorse umane.
Nel budget del personale, in astratto, l’organico è sufficiente a realizzare gli obiettivi ma si ragiona in termini di quantità di ore di lavoro e non ci si pone il problema del grado di motivazione dei collaboratori. Il fattore umano viene decantato da tutti come cruciale ma poi non viene misurato e pertanto non viene inserito nelle priorità.
Le dinamiche competitive e del mercato del lavoro attuali ci portano a ritenere che non è più sufficiente concentrarsi sui “parametri aziendalistici” e che il “fattore umano” merita la giusta RI- considerazione. Molti imprenditori ritengono di conoscere bene il proprio personale e non si rendono conto che il quadro e le percezioni che hanno sono profondamente distanti dalla realtà e questo principalmente per due motivi:
Vi è una naturale reticenza al feedback “trasparente” da parte dei collaboratori (per timore di ritorsioni);
Vi è la resistenza da parte dell’imprenditore ad ascoltare e recepire adeguatamente le indicazioni che gli vengono dal personale.
Quando facciamo delle verifiche in azienda, su quello che è il “clima aziendale” e le percezioni del personale sulla leadership, ci troviamo davanti ad un quadro profondamente diverso da quello atteso dall’imprenditore. Fare dei sondaggi o delle interviste che facciano emergere una descrizione il più possibile trasparente di quella che è la percezione da parte del personale è fondamentale.
E’ necessario conoscere il pensiero dei collaboratori sulla formazione fatta in azienda, sulle mansioni e relative responsabilità, sullo stato psicologico, sulla comunicazione in azienda, sulle relazioni con i colleghi, sulle prospettive di carriera, sul coinvolgimento in generale e su tanto altro.
Unendo le competenze professionali dell’area lavoro dello studio Brc e della società Benefit Foxwin srl, che si occupa di consulenza sulle risorse umane, abbiamo implementato un questionario utile a fornire una prima fotografia della situazione delle risorse umane in azienda. Ecco di seguito un esempio di una delle sezioni della reportistica che oggi forniamo alle aziende clienti per visualizzare queste importanti informazioni e misurazioni:
Con un’indagine anonima abbiamo ottenuto un “cruscotto” con le principali informazioni relative ai collaboratori e tutto questo viene realizzato in modo veloce ed a condizioni economiche sostenibili. Questo consente di predisporre un piano di interventi finalizzato ad aumentare il coinvolgimento dei collaboratori e la produttività.
A questo punto una domanda è d’obbligo: siete sicuri di conoscere bene i vostri collaboratori e con che grado di motivazione la squadra della vostra azienda giocherà il prossimo campionato?
STUDIO BRC ASSOCIATI AREA LAVORO – Dott. Stefano Vivian
Prima della pandemia, una ricerca di McKinsey stimava che il 92% delle aziende intervistate avrebbe dovuto aumentare il proprio tasso di digitalizzazione, e questo è stato uno dei motivi principali che hanno portato alla nascita di Loading Future.
Gli ultimi anni, hanno notevolmente accelerato tutti i processi di trasformazione digitale che le aziende devono attuare per continuare ad essere competitive sul mercato.
Pur consapevoli che l’argomento meriterebbe un più ampio dibattito, vorremmo provare ad individuare le domande che la proprietà o il management dovrebbero farsi prima di dare il via a dei Progetti che spesso rappresentano cambiamenti epocali per le loro Organizzazioni, oltre che chiarire quale dovrebbe essere il ruolo dei consulenti che accompagnano la trasformazione digitale.
Innanzitutto: la proprietà o il management conoscono a sufficienza il mondo digitale e le tecnologie utili all’azienda? Sono in grado di essere delle guide credibili per le proprie Organizzazioni?
Quando li intervistiamo per una nostra prima analisi, è netta la sensazione che la trasformazione digitale sia vista quasi come una questione di sopravvivenza, essenziale per stare sul mercato. Allo stesso tempo, però, si evidenzia una difficoltà nel capire quale potrebbe essere la soluzione migliore da adottare e nel quantificare il valore derivante dalla sua introduzione. È quindi necessario un impegno notevole nello spiegare i benefici che i nuovi processi ed i nuovi sistemi saranno in grado di offrire. Spesso la soluzione migliore è quella di illustrare nel dettaglio dei casi di applicazione di queste tecnologie in altre realtà. Per questo motivo, il consulente ha un ruolo decisivo nel tradurre e chiarire i benefici e spazi di miglioramento derivanti da un progetto di evoluzione digitale, ma rimane di fondamentale importanza che tale consapevolezza maturi e sia stimolata e diffusa a tutta l’Organizzazione dai vertici, i quali devono dimostrarsi parte attiva del Progetto.
Ci chiedono spesso: la trasformazione digitale sarà in grado di creare rapidamente valore?
Uno nuovo modello operativo, unito ad una nuova tecnologia, come regola generale, dovrebbe sicuramente puntare ad un aumento dei profitti almeno nell’ordine di un 20%, che sommato al miglioramento dell’efficienza e ad un’ottimizzazione dei costi, è in grado di ripagare in tempi brevi l’investimento. Ricordiamoci, però, che la visione non deve essere troppo a breve termine: Amazon, ad esempio, ha un orizzonte temporale di sette anni per i suoi investimenti.
Com’è possibile capire se la trasformazione digitale sta funzionando?
Partendo da una dettagliata attività di assessment e da una road map di Progetto che deve essere chiara e condivisa con tutti i key users, dovranno essere identificati almeno un paio di indicatori, associati a metriche di comprovata efficacia. Il consulente sarà in grado di suggerire i più opportuni, in base allo specifico ambito di applicazione: per esempio, se parliamo di un e-commerce, l’indicatore potrebbe essere dato dalla diminuzione del tasso di abbandono del carrello.
Come coinvolgere il personale nella trasformazione digitale?
Per la buona riuscita del Progetto consigliamo sempre un approccio bottom-up ed una condivisione costante degli avanzamenti e dei risultati ottenuti. Non va poi dimenticata un’eventuale formazione aggiuntiva, che deve puntare non solo a far comprendere l’utilizzo dei nuovi processi e sistemi, ma deve anche aiutare l’Organizzazione ad apprendere le nozioni base in ambito IT, a predisporre opportuni analytics e a favorire una piena comprensione dei dati da parte dei relativi fruitori nonché gli amministratori di ogni processo digitalizzato.
Quali sono i rischi legati alla trasformazione digitale?
Sicuramente, tutti gli aspetti legati alla sicurezza del dato e delle informazioni. Inoltre, non va sottovalutato il fatto che nuovi potenziali competitors potrebbero affacciarsi all’orizzonte, così come potrebbero aprirsi nuove interessanti prospettive se si guarda al digitale anche in un’ottica di Open Innovation.
La trasformazione digitale delle aziende è ormai iniziata ed è irreversibile, si tratta solo di governarla al meglio facendosi anche guidare da chi, con pazienza, ha già costruito in questi ultimi anni dei modelli vincenti.
In questo breve contributo vorremmo provare a spiegare in termini semplici una parte dell’attività che Loading Future svolge in ambito Sales&Marketing, spesso rivolta a piccole e medie imprese dove negli anni si è sviluppato un forte know-how tecnico e dei prodotti o servizi eccellenti, ma non è mai stata definita in maniera chiara la strategia commerciale, a partire dall’identificazione dei propri clienti e dalla definizione della c.d.buyer persona.
La buyer persona racchiude tutte le caratteristiche dei nostri potenziali clienti. In aziende strutturate, è solitamente compito della divisione marketing delineare una sorta di template dove inserire per es. info demografiche, interessi, valori personali, schemi per l’acquisto piuttosto che comportamenti online. A volte è utile identificare la buyer persona con un nome ed un titolo, così da visualizzarla come una persona reale. In questo processo entra in gioco anche chi si occupa di vendite, poichè è estremamente importante condividere le informazioni per riuscire a:
Capire quali sono le caratteristiche del prodotto/servizio imprescindibili per il cliente;
Identificare le ragioni per cui compra o meno;
Identificare le ragioni per cui potrebbe decidere di interrompere il rapporto;
Definire le barriere che eventualmente impediscono di acquistare;
Comparare la propria proposta con quella della concorrenza;
Capire quali sono le più comuni domande/obiezioni e come possono essere gestite;
Ottenere il massimo dall’acquisto (più servizi, più prodotti a valore, etc.).
L’ analisi dovrà essere sia quantitativa che qualitativa, ma le decisioni finali dovranno essere inevitabilmente basate sui numeri. L’obiettivo è chiaramente quello di accompagnare i nostri clienti verso un approccio basato sui dati, per prendere decisioni informate, fondate su fatti oggettivi e non su sensazioni personali. Il processo può sicuramente comprendere il passaggio attraverso delle ricerche di mercato, o specifiche domande rivolte ai clienti esistenti o potenziali, oltreché al nostro network di partner, fornitori etc. Una volta definita la buyer persona, dovremmo essere in grado di sviluppare la comprensione dei bisogni del cliente e di veicolare i messaggi giusti alle persone giuste, identificando anche i potenziali perditempo per una focalizzazione dello sforzo commerciale e una massimizzazione dei risultati. Ci teniamo a sottolineare come un processo di questo tipo possa garantire benefici che non impatteranno solo sulle vendite, ma anche sul customer service, mettendolo nelle condizioni di poter gestire al meglio le delicate fasi del post-vendita, oltre a favorire lo sviluppo di nuovi prodotti/servizi sempre allineati alle esigenze dei Clienti.
Il risultato di un business dipende certamente dall’unicità del prodotto o servizio offerto, ma anche e soprattutto dalle scelte strategiche e di gestione compiute. Queste hanno luogo durante tutta la vita di un’azienda: nella fase di avvio, la pianificazione è decisiva; durante le fasi di crescita, il controllo e la proiezione della propria posizione finanziaria sono indispensabili per il bilanciamento dei crescenti rischi e la raccolta delle migliori opportunità offerte dal mercato. Inoltre, solo un’ attenta osservazione dell’andamento del proprio business potrà suggerire le migliori azioni da intraprendere per sostenerlo e migliorarne il rendimento nel futuro, in un continuo raffronto con gli obiettivi di crescita stabiliti. Tutto questo può essere ottenuto introducendo lo strumento del Controllo di Gestione, purché esso venga calato sullo specifico business e mercato, così da poterne misurare l’andamento e controllarne le variabili e le dinamiche che maggiormente lo condizionano.
Ma che cos’è il controllo di Gestione?
È un sistema operativo, auto-alimentato da dati raccolti durante le normali attività aziendali (come l’emissione di Ordini di vendita e di acquisto; la fatturazione attiva e passiva; la spedizione, l’incasso/pagamento e così via), elaborati e sintetizzati in risultati, andamenti e previsioni rese fruibili alla Direzione Aziendale attraverso reportistiche chiare e sempre aggiornate in tempo reale.
È uno schema che guarda in minima parte al passato (per questo si discosta totalmente dalla contabilità), bensì osserva l’andamento del business nel presente, confrontandolo con il budget/obiettivi prefissati, e soprattutto al futuro, proiettando su di esso i risultati di business previsti derivanti da vendite ed impegni presi ad oggi e dagli andamenti di mercato osservati nei precedenti anni per la specifica azienda e mercato. Gli oggetti di osservazione e misurazione (es. centri di ricavo, centri di costo, linee di business, tipologie di clienti, prodotti e così via) devono essere necessariamente definiti sulla base dello specifico business oggetto di controllo: la sua analisi e conoscenza dettagliata è un elemento imprescindibile per implementare un adeguato Controllo di Gestione.
È costoso ed impegnativo da realizzare per una PMI?
Assolutamente no, dal momento che non è neppure necessario acquistare per forza un apposito tool informatico a supporto di questo processo. Come nel caso che vi racconteremo, può bastare un’analisi approfondita del business, una sapiente estensione/ottimizzazione delle funzionalità e dei campi utilizzati nel sistema già in uso per la fatturazione e la gestione degli Ordini di Vendita e di Acquisto e l’interfacciamento di quest’ultimo con un sistema di reportistica. Ad oggi, anche la più piccola azienda è già dotata di un sistema di Fatturazione elettronica, del quale magari utilizza le funzioni e i campi indispensabili, tralasciando aree di sistema che permetterebbero facilmente di completare il set informativo per alimentare una reportistica di Controllo. Abbiamo poi la fortuna di poter disporre di sistemi di reportistica estremamente evoluti e davvero semplici da utilizzare e connettere ai sistemi in uso (dall’ERP, ai social media, al CRM), tutto a prezzi davvero minimi. Solo per fare qualche esempio: Google Analytics, Tableau e Microsoft Power BI sono degli ottimi strumenti da poter attivare a questo scopo.
Il caso di Exelio Srl
L’azienda Exelio Srl, famosa per il brand gpexe, produce sistemi avanzati di tracking delle performance atletiche di atleti professionisti del calcio, basket e rugby, sfruttando tecnologie gps e lps. Tra i loro clienti vi è già la maggioranza dei Team di Serie A ed oltre 200 tra Club e Team Nazionali esteri.
Exelio Srl offre quattro diversi prodotti o “sistemi” gpexe, i quali differiscono per la tecnologia utilizzata oppure per l’utilizzatore (es. il sistema gk è dedicato alla sola figura del portiere). L’acquisto di un sistema prevede la fornitura di molteplici articoli “materiali”: alcuni ad uso comune (es. antenne, valigie, caricatori ecc.); altri specifici per ogni giocatore e dunque replicati in funzione del numero di atleti che si vuole dotare (es. pettorina e dispositivo gps). A tali item, si aggiungono le licenze software, che permettono allo staff tecnico di fruire di un’analisi delle performance in campo, sia relativa all’allenamento che alle partite.
I sistemi possono essere forniti al cliente con diverse formule di vendita o di noleggio.
L’acquisto della maggior parte delle componenti hardware, così come degli altri articoli generici (es. valigie, pettorine) viene gestito dall’azienda; mentre la fase di assemblaggio delle componenti elettroniche che compongono il dispositivo GPS/LPS viene svolta da un fornitore esterno, che si occupa anche dell’eventuale riparazione.
Le principali aree di azione immediatamente individuate.
Fino al 2020 l’azienda stava utilizzando un programma di Fatturazione Elettronica esclusivamente per la gestione delle fatture attive e passive e per l’emissione di DDT ai fini della spedizione, ovvero per i passaggi “obbligatori”, ed utilizzava svariati file Excel per gestire buona parte dei principali processi aziendali. Mancando una gestione del magazzino, vi erano forti criticità anche nel monitoraggio del flusso di dispositivi inviati in sostituzione per eventuali guasti segnalati dal cliente, il ritiro di questi ultimi, il loro invio al fornitore per riparazione e il ricevimento del corrispondente dispositivo ricondizionato.
Come abbiamo operato e cosa abbiamo ottenuto:
Dopo una attenta analisi dei processi aziendali, delle figure coinvolte e degli strumenti di controllo e di gestione eventualmente in uso per ciascuno di essi (principalmente file Excel), il primo fondamentale passaggio è stato caratterizzato dallo studio delle funzionalità e dei margini di configurabilità dei due principali tool informatici già in uso presso Exelio Srl: il programma di fatturazione elettronica ed il sistema CRM.
Concentrandoci unicamente sulle attività svolte sul fronte Finance, il programma di Fatturazione elettronica è stato ri-configurato (in autonomia, da Loading Future) ed esteso funzionalmente per ottenere la copertura di questi nuovi processi:
Gestione del magazzino: codifica di tutti gli item previsti (alcuni comuni ai quattro “sistemi” gpexe esistenti, altri specifici di un solo sistema), distinguendo tra quelli “a magazzino” (hardware e altre componenti materiali) e quelli non gestiti a magazzino (es. licenze software). Ogni item “specifico” di un solo sistema, è stato ricondotto al sistema gpexe di appartenenza, così da ereditare questa informazione come default nei passaggi successivi.
Gestione dell’anagrafica cliente, fornitore, rivenditori e agenti. Oltre ad un intervento di data quality, l’anagrafica cliente è stata arricchita con l’informazione dei tempi di pagamento da parte del cliente, fondamentali per calcolare in maniera precisa la prevista data di incasso a partire dalla fatturazione attiva.
Gestione ordini di vendita. Questo ha permesso di gestire importanti nuove informazioni:
di testata ordine, come la data di inizio contratto (coincide con la prima fattura e la spedizione); la durata del contratto in mesi (per noleggi e demo); il commerciale di riferimento; il centro di ricavo (nuovo concetto introdotto, permettendo di distinguere tra ricavi di noleggio, di vendita e di consulenza). Utilizzando le due nuove informazioni “centro di ricavo” e “durata” è stato immediatamente possibile automatizzare il report di controllo e notifica circa la necessità di ritirare dispositivi inviati in “Demo” o con contratti di noleggio giunti al termine.
di dettaglio ordine, come la lista degli articoli previsti da contratto (nonché relative quantità e prezzo concordato per lo specifico ordine di vendita), ciascuno dei quali automaticamente ricondotto ad un sistema gpexe (se specifico) oppure manualmente riconducibile al più opportuno sistema in fase di emissione ordine di vendita. Questa informazione è infatti essenziale per ottenere il dato relativo al fatturato per “prodotto” o sistema gpexe.
gestione dettagliata delle condizioni di pagamento, fondamentali soprattutto nella casistica del noleggio dove si prevedono N rate di fatturazione. Questo ha permesso di indicare subito data e importo di prevista fatturazione, consentendo di: – generare immediatamente una proiezione dell’incasso nell’orizzonte futuro, alimentando la reportistica “controllo di gestione” con delle date “target” previste da contratto e ottenute sommando i tempi di pagamento dello specifico cliente, già censiti in anagrafica.
Automatizzare, con un report di controllo, la verifica/notifica all’amministrazione di una scadenza per l’emissione di una nuova fattura attiva al cliente, sostituendo il precedente file Excel alimentato manualmente.
Modifiche nella gestione della fatturazione attiva: pur non essendo previsto dal programma, è stato gestito ex post il collegamento di ciascuna fattura attiva al relativo Ordine di Vendita attraverso un campo alfa numerico ancora inutilizzato, dove ora l’amministrazione inserisce il riferimento all’Ordine. Questo ha consentito di identificare e ricondurre, grazie alla reportistica esterna “gestione finanziaria”, le rate fatturate e non fatturate di ciascun Ordine di Vendita.
Gestione dei DDT: una volta ricondotti all’ordine di vendita, i DDT sono stati lo strumento fondamentale per automatizzare l’incrocio tra la fornitura prevista da contratto (item e relativa quantità acquistata) e quella effettivamente spedita. Questo ha permesso di ottenere in maniera automatica e sempre aggiornata il report della “merce da spedire”, precedentemente compilato manualmente in Excel.
I DDT sono stati utilizzati anche per tracciare il codice numerico identificativo di ogni dispositivo spedito a ciascun cliente, distinguendo sempre tra la casistica di normale fornitura e quella di sostituzione di dispositivi guasti. È stata inoltre prevista la generazione di DDT ad uso interno per tracciare il rientro in casa dei guasti e l’invio di dispositivi in riparazione al fornitore (con il riferimento al numero identificativo), in modo da non rischiare di perdere dispositivi compromessi che però potrebbero essere riparati. Questo ha permesso di comporre un report automatico che oggi traccia in tempo reale la situazione dei dispositivi inviati in sostituzione, i guasti ricevuti e inviati in riparazione e i dispositivi ricondizionati ricevuti dal fornitore dopo la riparazione (evidenziando così quelli non recuperabili).
Dal momento che questo Sistema di fatturazione espone API per integrazione, Loading Future ha elaborato specifiche tecniche puntuali e dettagliate sia per quanto riguarda le logiche da applicare per campo e tabella che per leggere ciascuna informazione di interesse. Tutto ciò a si è tradotto in una reportistica evoluta e dinamica, creata lavorando assieme ad una risorsa del Team di Sviluppo interno, dunque senza nessun costo extra.
Di seguito alcuni dei report destinati all’amministrazione, che hanno permesso di automatizzare ed eliminare tutti i file Excel precedentemente in uso per finalità di controllo.
Per la Direzione, invece, sono oggi essenziali questi altri dashboard, che permettono:
attraverso il report di “Gestione Finanziaria”, di rappresentare in tempo reale il forecast degli incassi. Tale proiezione viene costruita partendo dalle date target di fatturazione ed incasso stabilite a contratto, perfezionata dall’evento di fatturazione (rif. data expected) ed infine resa effettiva alla registrazione del pagamento (rif. data actual di incasso). Questa analisi ha permesso il calcolo e la restituzione in tempo reale dell’overdue, ovvero lo scaduto per ciascuna fattura, agevolando l’azienda nel sollecito e nelle azioni di recupero del credito.
Attraverso il report di “Distribuzione Finanziaria” si completa e potenzia la capacità previsionale della Direzione, fornendo una rappresentazione dell’andamento storico del business che è strettamente legato alle stagioni sportive dei vari campionati.
Infine, i due report di seguito mostrati hanno permesso di analizzare in tempo reale:
Il fatturato in funzione del “prodotto” (con particolare focus sui due prodotti più diffusi);
Il fatturato in funzione della formula utilizzata per la fornitura (vendita o noleggio), separando la parte di consulenza sull’utilizzo del prodotto.
Ulteriori spazi di evoluzione:
Attraverso la riconfigurazione del sistema, sono inoltre già state poste le basi per ulteriori sviluppi della reportistica, ad esempio:
Lo sviluppo della parte relativa agli Ordini di Acquisto, in modo del tutto speculare a quanto fatto per gli Ordini di Vendita, consentendo di ottenere delle proiezioni del Cash out. Questo è utile soprattutto per le forniture più corpose (che prevedono varie uscite a fronte di un contratto iniziale, come si ha per le consulenze e i dipendenti) e per le forniture ricorrenti di materiale. Questo passaggio permetterà di completare il quadro arrivando a generare un Company Cash Flow.
L’integrazione con il CRM per una proiezione finanziaria che si raffronti sempre con il budget di vendita, eventualmente distinguendo anche per prodotto o centro di ricavo.
L’analisi del prezzo medio di ogni item basandosi sull’effettivo prezzo di vendita (recuperato dagli Ordini di Vendita).
L’analisi del fatturato per area geografica, in base alle informazioni già presenti in anagrafica cliente.
L’analisi di dettaglio delle spese a consuntivo, organizzate per Centro di Costo. Le fatture passive, grazie al nuovo “disegno” definito nell’ambito di questo stesso progetto, vengono oggi assegnate al più opportuno centro di costo, scegliendolo tra una lista del tutto personalizzata che abbiamo prodotto dopo l’attenta osservazione di tutte le tipologie di spesa.
Con questo esempio pratico, risulterà ancor più chiaro come il Controllo di Gestione debba assumere ogni volta una forma diversa, in funzione del business e dei suoi più fondamentali oggetti di misurazione. Dovrà essere costruito in base agli strumenti e fonti informative esistenti nella specifica azienda.
La consulenza che Loading Future propone copre proprio queste esigenze, rivolgendosi sia ad aziende più strutturate che intendono investire in un programma apposito (con costi superiori, ma semplificando la prima fase operativa) sia a quelle che vogliono minimizzare i costi software ma ottenere ciò nonostante un significativo miglioramento, proprio come nel caso di Exelio Srl.
L’attività di consulenza ci dà la possibilità di conoscere aziende dei settori più disparati e di scoprire delle nicchie di mercato originali e poco conosciute.
È quanto accaduto con Apus Software GmbH, storica software house austriaca presente sul mercato da oltre 30 anni. Il loro applicativo Ionio è una soluzione verticale per gestire in maniera agile i turni del personale di ospedali, attività di pubblica sicurezza e industrie. L’azienda, già presente in Italia con una sua società, ci ha contattato per aiutarli a definire una strategia di sviluppo del mercato italiano con particolare focus sull’ambito ospedaliero, dove già disponevano di alcune significative referenze.
Abbiamo suddiviso l’attività in più fasi, prevedendo prima di tutto uno studio approfondito dell’azienda e del prodotto. Non è stato certo semplice afferrare da subito i plus di una soluzione così particolare, tuttavia la curiosità di conoscere, che deve sempre contraddistinguere il nostro lavoro, ci ha aiutato ad identificare il posizionamento e a creare una successiva analisi e mappatura della concorrenza.
Uno degli elementi fondamentali per riuscire a valutare anche l’entità dell’investimento necessario ai fini dello sviluppo del mercato, è stato quello di quantificare il numero dei potenziali clienti: questo importante elemento viene spesso ignorato, soprattutto quando si dispone di soluzioni così verticali. Il conseguente rischio è quello che, pur disponendo di un’ottima soluzione, il mercato potenziale non sia sufficiente a ripagare l’investimento, poiché già saturo o non ancora maturo. Un ulteriore fondamentale passaggio è stato quello di identificare il “decision maker” all’interno delle strutture dei vari clienti. Sapere chi è il nostro interlocutore decisivo per la scelta finale si è rivelato estremamente importante per affrontare l’ultima fase del nostro lavoro: quella dell’identificazione della tipologia di figura più idonea per sviluppare il mercato italiano. Quest’ultima attività ha comportato un’attenta analisi dei costi-benefici di ciascuna possibile alternativa tra delle figure “dirette”, come un Key Account Manager, per esempio, o delle figure “indirette”, come un distributore o un agente. Dopo avere presentato un dettagliato documento di sintesi al cliente, si è deciso di comune accordo di procedere all’attività di ricerca della figura più idonea, presto indentificata in un consulente free-lance, con pluriennale esperienza nel settore ed in grado di entrare facilmente in contatto con tutti i “decision maker” identificati in precedenza. Tale figura è stata inserita ed affiancata ad un product–manager capace di supportarlo al meglio nelle attività di pre e post-vendita, con l’obiettivo di massimizzare l’investimento per giungere a dei risultati concreti entro 6-12 mesi.
L’incarico che ci è stato assegnato è stato decisamente stimolante ed ha rappresentato una sfida vinta nell’ambito del nostro servizio dedicato allo sviluppo commerciale.
Cos’è l’Innovation Portfolio? È un insieme di idee, di progetti e di task che devono essere gestiti e organizzati dall’azienda in maniera efficiente e controllata, al fine di ottenere i risultati sperati in termini di innovazione.
Quando si parla di progetti di Open Innovation in ambito aziendale, la strategia di azione dovrebbe prevedere la definizione di un Innovation Portfolio e di una lista di progetti e di programmi innovativi, fondamentale per potersi approcciare correttamente alle trasformazioni digitali e, successivamente, consolidarle.
Dal momento che, con l’introduzione di programmi innovativi, l’ambiente aziendale cambierà in maniera significativa, determinando l’esposizione dell’azienda ai diversi rischi insiti in tali progetti, un portfolio ben gestito e organizzato permetterà di identificare e di prevedere tali situazioni, permettendo così di agire in maniera preventiva e tempestiva.
L’ Innovation Portfolio può essere anche considerato come uno strumento di “time management”: aiuta, infatti, a valutare il tempo richiesto per avviare e portare a termine un progetto, in modo da assicurare una gestione più organizzata e continuativa. Inoltre, cosa non meno importante, permette di evidenziare le principali opportunità da sfruttare in vari ambiti, sia tecnologico sia commerciale, consentendo all’azienda di ottenere dei profitti da tutte le innovazioni, riducendo al tempo stesso i costi e i rischi complessivi.
Per garantire una continuativa produzione di innovazione, i sistemi ISO 56002 contemplano le Innovation Operations, ossia l’insieme di processi e strumenti per garantire uno sviluppo efficiente e soprattutto strutturato. È proprio grazie alle Innovation Operations che un’azienda identifica le opportunità di innovazione più adatte, per poi inserirle in un portfolio di progetti da sviluppare.
Come si valutano tali progetti?
Nell’ambito dell’innovazione aziendale, i progetti vengono suddivisi in tre tipi:
–CORE: riguarda l’ottimizzazione di progetti o di prodotti esistenti, al fine di rinnovare l’interesse nel mercato.
–ADJACENT: progetti che supportano la crescita dell’azienda, espandendo il suo business anche in altri ambiti e mercati.
–TRANSFORMATIONAL: sono i progetti che apportano il maggiore impatto innovativo, anche con la creazione di mercati inesistenti. Dal momento che il cambiamento che apportano influisce anche sulla “vita” delle altre aziende, i rischi di tali progetti sono molto alti, ma lo sono anche i benefici che se ne possono trarre.
Per ottenere progetti bilanciati ed efficienti, essi vengono valutati attraverso una matrice definita “Ambition Matrix” e, in essa, classificati lungo due dimensioni: how to win e where to play.
La prima dimensione valuta quanto i progetti di innovazione ambiscano allo sviluppo di nuovi prodotti oppure a sfruttare o produrne altri di già esistenti. Secondo alcuni dati statistici, i progetti Core hanno un’ambizione e una probabilità di successo dell’ 1%, quelli Adjacent del 44 %, quelli Transformational dell’ 1%.
La seconda dimensione, invece, valuta quanto i progetti di innovazione ambiscano alla creazione di nuovi mercati. In questo caso il tempo di sviluppo dei progetti Core viene stimato dai 3 ai 6 mesi, quello dei progetti Adjacent di 4 agli 8 mesi, infine per i progetti Transfomational dai 6 ai 15 mesi.
In un articolo, pubblicato da Harward Business Review, è stato messo in evidenza che il 70% delle aziende investe nei progetti Core, il 20% in quelli Adjacent e solo il 10% in quelli Transformational, proprio perché sono più rischiosi. Nonostante la giusta proporzione vari di azienda in azienda, si ipotizza che, nel lungo periodo, queste percentuali si invertiranno: 70% per progetti Transformational, 20% per quelli Adjacent e 10% per quelli Core.
Per costruire un Innovation Portfolio di successo è fondamentale bilanciare gli investimenti per tutti e 3 i tipi di progetti, ma, secondo uno studio, poche sono le aziende in grado di garantire un giusto equilibrio: viene infatti evidenziato che il 99% delle aziende che si dedica a progetti Transformational fallisce, se gestiti scorrettamente. Questo è dovuto al fatto che, i progetti che apportano il maggior impatto innovativo, richiedono skill ed elementi aggiuntivi per garantire il successo; in particolare, sono necessarie capacità di analisi e sviluppo di concetti e processi relativi ai bisogni sociali emergenti, i quali possono guidare e suggerire la nascita di nuovi business, evidenziare nuovi trend di mercato e nuove traiettorie di sviluppo tecnologico.
Ma possedere ottime conoscenze e competenze non basta, perché per sviluppare dei progetti innovativi di successo è necessario agire da più fronti, il primo dei quali è dotarsi proprio di un Innovation Portfoliobilanciato e, successivamente, gestire nella maniera più efficace i progetti da esso derivanti. Loading Future mette a disposizione delle competenze specializzate per accompagnare le aziende in questo percorso, aiutandole nella definizione di un Innovation Portfolio, nella gestione delle Innovation Operations e nell’implementazione di una roadmap di Gestione strutturata dell’Innovazione.
Qualche tempo fa ci siamo imbattuti in un interessante articolo pubblicato su Harvard Business Review, attorno al quale abbiamo intavolato una discussione all’interno del nostro Team, per riflettere su quali potrebbero essere delle soluzioni concrete.
Al giorno d’oggi, in molte realtà aziendali, si riscontrano fenomeni sempre più frequenti di dipendenti talentuosi, con ottime competenze e alti potenziali, i quali, a causa delle crescenti aspettative che l’azienda riserba nei loro confronti, perdono gradualmente la motivazione e la determinazione che erano le loro principali qualità.
Quando un talento si sente identificato come una risorsa di crescita fondamentale per l’azienda, nei confronti del quale i manager proiettano prospettive ambiziose verso un futuro da leader, egli può percepire queste proiezioni come un peso ed un urgente dovere. Il risultato è un’involuzione della sua eccellenza.
Si parla di “maledizione del talento”, che ha inizio quando l’azienda individua un dipendente talentuoso e, via via, tende ad assegnargli i compiti ed i progetti più importanti e delicati. Anche se, all’apparenza, questo può sembrare un ottimo punto di partenza verso il successo, in realtà, con l’estensione progressiva della sua area di competenza, egli difficilmente potrà garantire risultati ottimali, proprio perché gli vengono attribuiti molti progetti e mansioni difficili da gestire e da supervisionare da una persona soltanto. I livelli di performance, quindi, calano drasticamente con l’aumentare dei compiti da svolgere, comportando, di conseguenza, un sentimento di forte insoddisfazione sia da parte dell’azienda, che non vede più i risultati eccellenti sperati, sia da parte della persona in questione, che percepisce il suo talento affievolito e non valorizzato.
In particolare, nel talento e a livello inconscio, si verificano due meccanismi che minano i suoi potenziali: l’idealizzazione e l’identificazione. Dopo aver compiuto vistosi successi, non solo il suo talento viene idealizzato come fosse un “antidoto” contro il fallimento dei progetti aziendali, ma il dipendente stesso viene identificato come garante del suo successo. Questo, e il volume elevato di responsabilità assegnatigli, genera nella risorsa molta frustrazione perché non è in grado di garantire l’eccellenza né di mettere in pratica le sue qualità che fino ad allora lo avevano distinto e per le quali era apprezzato.
Quali sono gli effetti di questo circolo vizioso sull’azienda?
Questi meccanismi non sono nocivi solamente per il dipendente, ma anche per l’azienda stessa. Lo iato che intercorre tra aspettative ed effettiva realtà sviluppa senso di affanno e di intrappolamento, lesivo sia nei confronti della persona che lo vive, sia verso l’azienda. Infatti, avendo tanta responsabilità alle spalle e molti compiti e progetti da svolgere, ai quali non può garantire l’impiego ottimale delle proprie qualità, è possibile che si arrivi alla perdita, da parte dell’azienda, di una risorsa che avrebbe assicurato un valore aggiunto di notevole importanza. Risulta indispensabile, quindi, “rompere” questa maledizione, affinché possa esperire le proprie doti e qualità al meglio e non vedere limitata la propria performance.
Per superare questo problema l’azienda dovrebbe seguire alcuni accorgimenti fondamentali:
• Assicurarsi di creare una squadra equilibrata e ben strutturata, affinchè sia possibile lavorare in sinergia per il raggiungimento di un obiettivo comune. Il dipendente talentuoso, infatti, non può, da solo, “risolvere il gioco”, quindi l’azienda deve assicurare il coinvolgimento di tutti i membri del team. • È importante, soprattutto da un punto di vista psicologico, che il manager garantisca il pieno supporto alla persona talentuosa: la motivazione, l’affiancamento, la difesa e la valorizzazione dell’operato di quest’ultima, nonostante continui ad agire in piena autonomia, sono fondamentali.
Dal punto di vista della persona talentuosa, essa dovrebbe:
• Comprendere i propri limiti e, quando questi vengono forzati, fermarsi e segnalarlo in tempo così da non essere oberati di progetti. • Mettere il proprio talento al servizio degli altri membri del team, affinchè possano essere coinvolti in questo percorso di crescita e performance, dal momento che anch’essi costituiscono una risorsa importante per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato.
Andando ancora più nel concreto, esistono alcuni strumenti operativi particolarmente utili per supportare questi punti, tra i quali:
• Momenti di feedback tra la persona talentuosa ed il suo superiore, in cui poter discutere le performance e al tempo stesso rendere note eventuali difficoltà riscontrate. Questo è ancor più efficace con una dinamica di “continuous feedback”, ossia un costante scambio tra dipendente e manager riguardo le attività in svolgimento o il proprio lavoro in generale. Tale metodologia assicura una maggiore trasparenza tra il dipendente talentuoso e il suo superiore, un contatto e un’interazione costanti e, soprattutto, un miglioramento significativo della produttività, perché permette al dipendente di individuare e correggere velocemente eventuali errori. Laddove la possibilità di dare feedback venisse estesa anche ai colleghi, risulterebbe ancor più facile delineare eventuali trend di riduzione dell’efficacia e dei risultati della persona talentuosa. In questo caso, il soggetto non dev’essere colpevolizzato, bensì vanno comprese le motivazioni e le cause di questo calo di performance e vanno ascoltate le sue esigenze, per poi agire e risolvere eventuali problemi, ristabilendo un clima di collaborazione.
• Il coaching, attraverso il quale il manager/superiore supporta e stimola costantemente il dipendente talentuoso verso il raggiungimento di uno specifico obiettivo, facendo sì che acquisisca più fiducia e responsabilità, migliorando di conseguenza la sua performance lavorativa.
Queste potrebbero essere solo alcune delle azioni utili a spezzare “la maledizione del talento”, per far sì che la risorsa mantenga un approccio orientato al miglioramento costante e si senta più sicura, valorizzata e pronta a costruire con gli altri colleghi un clima di co-evoluzione.
Un cambio di prospettiva: diversa non è solo la profondità dello sguardo verso la forza lavoro, ma anche l’osservatore stesso, colui che ha il polso delle dinamiche lavorative attuali e future a livello aziendale, di team e di singola persona.
Il manager, infatti, acquisisce un ruolo essenziale nella gestione strategica delle risorse umane, contribuendo a trasformarla in un elemento abilitante per la creazione di valore e per il raggiungimento di risultati sempre migliori.
E proprio laddove il fabbisogno di tecnologia potrebbe sembrare più remoto, perché si gestiscono le persone anzichè prodotti o merci, l’Information Technology si sta rivelando essenziale e imprescindibile per un vero salto di qualità della funzione Risorse Umane e dell’organizzazione. La chiave di questa svolta risiede nella possibilità di analisi dei dati e nella generazione automatica di importanti suggerimenti strategici, possibili soltanto a valle dell’implementazione di un Sistema HCM nel quale la connessione logica tra processi e dati è nativa e completa.
Considerando alcuni dati statistici, risulta che ad oggi i sistemi HCM vengono adottati soprattutto dalle grandi aziende: sono attualmente circa 500 le aziende italiane che hanno scelto di attuare una trasformazione della funzione Risorse Umane, affidandosi a sistemi validi e qualificati per la gestione di processi HCM, per lo più, soluzioni offerte da grandi software house internazionali.
Tuttavia il mercato nazionale è in continua crescita: dal 2014 al 2018 l’incremento è stato dell’ 11%, per poi salire ulteriormente dal 2019 ad oggi, spinto in primo luogo da fattori tecnologici, come la disponibilità del Cloud Computing, e dalla necessità di migliorare i processi HR per una più efficace gestione della pandemia Covid-19. Questi elementi ci portano oggi a prevedere un aumento del 20% sul biennio 2021-2022.
Per quanto riguarda le aziende sotto i 200 dipendenti e, spesso, anche quelle fino a 500 dipendenti, ad oggi l’utilizzo di soluzioni di Human Capital Management solide è davvero poco diffuso. Prevale l’adozione “orizzontale” di sistemi payroll, che da qualche hanno integrato alcune funzionalità vicine a quelle dell’HCM, ma ancora distanti da un’efficace gestione e interconnesione di questi dati e processi, dunque non in grado di sostenere questo importante cambiamento in direzione Human Capital Management.
È importante evidenziare come, anche per queste realtà, esistano soluzioni non troppo dispendiose e in grado di supportare al meglio la digitalizzazione ed evoluzione dei processi HR. In questi ultimi casi, laddove non vengono coinvolti i top player del panorama software HCM, è molto importante avvalersi della consulenza di professionisti nel settore, i quali sapranno guidare nella scelta di soluzioni solide e funzionali, oltre che bilanciate per quanto riguarda i costi.
Provando ad esaminare l’operatività e i processi dell’HCM, troviamo strumenti per la valutazione delle performance e delle skill; l’individuazione dei gap di competenze rispetto agli standard attesi per ciascuna posizione e livello di seniority; la conseguente definizione dei fabbisogni formativi da trasmettere a chi si occupa della formazione e molto altro ancora.
Sulla base di questi ed ulteriori elementi gestiti a sistema, la tecnologia abilita il calcolo automatico del “potenziale” di ogni risorsa. Si delinea allora un Piano di Carriera e di Successione per le risorse chiave o con elevato potenziale; mentre si definiscono automaticamente le “Tavole di rimpiazzo” per la sostituzione di eventuali persone in uscita sulla base delle competenze tecniche richieste per ciscun ruolo. Non solo: a partire da un ricco set di informazioni puntuali e aggiornate, anche i processi di Compensation & Rewarding possono essere gestiti in maniera strategica, favorendo la retention delle risorse e garantendo l’applicazione di criteri chiari, nonché la percezione di equità all’interno dell’Organizzazione, che ne è diretta conseguenza.
È evidente che, data la moltitudine di dati raccolti lungo i processi precedentemente menzionati, la mente umana non potrà mai incrociare ed elaborare le informazioni autonomamente: la tecnologia è decisiva in questo senso, e consente di raccogliere a pieno i risultati di un simile cambiamento. Ma non solo, essa rappresenta l’unica leva capace di far compiere un vero e proprio salto di qualità alla funzione Risorse Umane. Questa potrà finalmente liberarsi dall’operatività che ruota attorno ai micro-processi quotidiani, spesso dispendiosi e a basso valore aggiunto, che finalmente vengono automatizzati e resi più efficienti. Ciò è possibile anche grazie all’apertura di spazi di azione in modalità self-service per il dipendente (ad esempio, consentendogli di aggiornare la propria residenza, con successiva approvazione dell’HR) e per i manager, i quali potranno utilizzare il sistema per dare immediato avvio ad una nuova ricerca e selezione indicando tutti gli elementi del profilo ricercato, valutando così performance e competenze del personale.
Solo così il dipartimento di Gestione Risorse Umane potrà divenire un vero e proprio orchestratore e punto di riferimento per la strategia aziendale e per la gestione dei dati HR a livello di organizzazione, di unità di business o di singola persona. Informazioni sempre aggiornate in tempo reale, sintesi di grandi quantità di dati complessi. Finalmente, la funzione HR sarà in grado di rispondere prontamente alle richieste della direzione, di anticipare i tempi e, spesso, di evitare accadimenti spiacevoli come la fuoriuscita di talenti e risorse chiave.
È questa la rivoluzione tecnologica delle Risorse Umane, nonché declinazione HR dell’Industry 4.0: tecnologie capaci di osservare, sintetizzare, prevedere e pianificare le dinamiche del lavoro all’interno di una azienda. Uno step obbligato se l’obiettivo della Direzione Risorse Umane è quello di concentrarsi finalmente sulle persone, assieme ai manager, rendendo l’Organizzazione un luogo in cui ogni dipendente è motivato a lavorare e che è capace di attrarre sempre di più nuovi talenti.
Il tema dell’innovazione è certamente tra i più gettonati quando si parla di “cultura aziendale”: oggi le imprese che hanno intenzione di competere a livello globale necessitano di saper innovare seguendo degli schemi definiti e non affidandosi all’improvvisazione. Per questo motivo sono state pubblicate, da parte dell’ International Organization for Standardization, le norme ISO 56000, dedicate alla Gestione dell’Innovazione. Esse rappresentano non solo un riferimento solido per la progettazione e l’implementazione di Sistemi finalizzati all’aspetto gestionale, ma sono anche la “cassetta degli attrezzi” necessaria per integrare processi di sviluppo in maniera accuratamente controllata, al fine di ridurre i rischi ed affrontare i cambiamenti che possono verificarsi.
Molto spesso accade che tali processi innovativi non vengano applicati in maniera efficiente, con la conseguente perdita di opportunità a causa di una scarsa tempestività ed organizzazione, finendo per non produrre alcun tipo di beneficio all’azienda. È per questo che l’innovazione dovrebbe essere intesa come una vera e propria cultura – la “cultura dell’innovazione”– da strutturare e da gestire con l’aiuto di figure altamente competenti e capaci di portare metodologie validate ed efficaci.
In cosa consistono le norme ISO 56000?
Il corpus ISO 56000 comprende i seguenti standard:
ISO 56000: 2020 «Innovation management» – Fundamentals and vocabulary»
ISO 56002: 2019 «Innovation management – Innovation management system – Guidance»
ISO 56003: 2019 «Innovation management – Tools and methods for innovation partnership – Guidance»
ISO/AWI 56007 «Innovation management – Idea management»
ISO/AWI 56008 «Innovation management – Tools and methods for innovation operation measurements –Guidance»
Ma cosa significa ottenere una certificazione ISO 56000 e quali sono i benefici per un’azienda?
I benefici che si possono trarre dopo il conseguimento della certificazione ISO 56000, da parte di un ente certificatore, sono molteplici e molto significativi.
In primo luogo, vi è la riconoscibilità delle attività che si svolgono in materia di Gestione dell’Innovazione, con la possibilità di certificare il proprio Sistema e di differenziarsi oggettivamente sulla base di queste competenze.
È inoltre una leva estremamente utile per accrescere la propria reputazione verso i clienti e verso i talenti: sono ancora in pochi a lavorare in questo senso, muoversi in anticipo è importante.
Guardando ad un orizzonte di due anni, va poi considerato che la certificazione sarà un criterio decisivo per l’accesso privilegiato ad opportunità di business lungo la filiera, nonchè a finanziamenti pubblici.
I benefici più diretti, invece, hanno a che fare con l’efficientamento interno nella gestione di tutte le iniziative rivolte all’innovazione, grazie all’adozione di best practice; la pianificazione e la gestione del suo budget; la valutazione, selezione e gestione dei partner coinvolti in un’ottica di Open Innovation; l’apprendimento continuo.
Loading Future possiede le competenze e le necessarie certificazioni per portare metodo nella Gestione dei processi di Innovazione, Ricerca e Sviluppo nelle aziende e prepararle all’ottenimento della certificazione ISO 56000.
Durante le numerose presentazioni dei servizi di Loading Future ci viene spesso chiesto di identificare meglio cosa intendiamo per sviluppo della strategia commerciale.
Partiamo dal significato della parola strategia. Consultando il dizionario si legge testualmente: “Branca dell’arte militare che regola e coordina le varie operazioni belliche in vista dello scopo finale della guerra: s. terrestre, navale, aeronautica; alta s.; in senso più ampio, l’arte o la scienza che ha per scopo l’utilizzazione del potenziale bellico di un paese nel modo più efficace e produttivo ai fini della vittoria; in senso figurato è il ricorso motivato e ragionato a mezzi idonei al raggiungimento di uno scopo”.
È quest’ultima definizione quella che ci interessa: in azienda, la strategia commerciale consiste nell’utilizzare i mezzi a disposizione per raggiungere gli obiettivi di vendita che spesso sono estremamente ambiziosi. Tuttavia, per soddisfare questi propositi, non è sufficiente, come spesso si crede, investire in nuovi sistemi; a sostegno di ciò una recente indagine sull’utilizzo della tecnologia CRM, effettuata da Bain & Company, dimostra che il 62% delle 167 aziende intervistate si è lamentata dell’utilizzo della tecnologia CRM (Customer Relationship Management), considerando il ritorno sull’investimento (ROI) inferiore alle aspettative. Inoltre, l’indagine ha rilevato che, in molti di questi casi, è mancata proprio una visione strategica, per la quale risulta necessario basarsi su numeri e dati, al fine di prendere decisioni ottimali e, soprattutto, di adottare degli “schemi di gioco”.
Se il mondo degli sport, in particolar modo quelli di squadra, utilizza l’analisi dei numeri in modo sempre più massiccio, così anche il mondo delle vendite deve prevedere come affrontare le diverse situazioni con le azioni più idonee.
Per creare un vero e proprio “manuale” (playbook) ad uso e consumo del dipartimento commerciale, vendite e marketing devono lavorare in maniera sincronica e, con cadenza regolare, analizzare minuziosamente e dettagliatamente i numeri e i dati raccolti; inoltre, se possibile, un passaggio importante sarebbe anche testare gli “schemi di gioco” con un numero non elevato di clienti e, una volta accertata la loro validità, spingerli all’utilizzo massivo.
L’impiego di un tale sistema permette di non basarsi solo ed esclusivamente su ipotesi e congetture astratte, poiché garantisce una guida dettagliata su quali azioni e quali comportamenti adottare nelle diverse situazioni.
Un recente articolo, uscito su HBR, cita numerosi casi di aziende, operanti soprattutto in ambito B2B, nelle quali l’utilizzo di un set di azioni predefinite, stabilite in base alla tipologia di cliente o prospect, non solo dà maggiori possibilità di creare o concretizzare nuove opportunità, ma soprattutto consente ai clienti di focalizzare l’attenzione sui propri bisogni, fornendo le giuste informazioni nel giusto momento.
Questi studi dimostrano, quindi, che possedere una strategia aziendale rappresenta un elemento cruciale per il successo del business dell’azienda e che definire un piano d’azione permette di raggiungere gli obiettivi prefissati in maniera meno rischiosa, dal momento che si possiedono già le “armi” per affrontare le diverse situazioni o imprevisti. Un obiettivo, questo, che Loading Future cerca di perseguire e di attuare nelle aziende, accompagnandole nell’implementazione di sistemi e di processi innovativi finalizzati al raggiungimento della propria mission aziendale.